Autoritratti in poesia

Marcus Valerius Martialis (Augusta Bilbilis, 1º marzo 38 o 41 – Augusta Bilbilis, 104)

Sono e sempre sono stato povero
Sono, non lo nego, e sempre sono stato, o
Callistrato, povero,
ma non sono uno sconosciuto e nemmeno un
cavaliere di scarso valore,
bensì mi leggono spesso in tutto il mondo e di
me dicono: <<È proprio lui!>>,
e ciò che a pochi dà la morte, a me la vita ha
dato.
Pure la tua casa si regge su colonne a
centinaia
e la tua cassaforte custodisce le tue ricchezze
di liberto,
e i vasti terreni di Siene sul Nilo sono a tua
disposizione,
e la gallica Parma tosa per te innumerevoli
greggi.
Mettiamola così: quel che sono io, tu mai
puoi essere;
quel che tu sei invece può diventarlo una
qualsiasi mezza cartuccia.

(Marco Valerio Marziale, V, XIII, trad. Lorenzo De Ninis)

Vittorio Amedeo Alfieri (Asti, 16 gennaio 1749 – Firenze, 8 ottobre 1803), ritratto di François-Xavier Fabre (1797)

Sublime specchio di veraci detti…
Sublime specchio di veraci detti,
mostrami in corpo e in anima qual sono:
capelli, or radi in fronte, e rossi pretti;
lunga statura, e capo a terra prono;

sottil persona in su due stinchi schietti;
bianca pelle, occhi azzurri, aspetto buono;
giusto naso, bel labro, e denti eletti;
pallido in volto, più che un re sul trono:

or duro, acerbo, ora pieghevol, mite;
irato sempre, e non maligno mai;
la mente e il cor meco in perpetua lite:

per lo più mesto, e talor lieto assai,
or stimandomi Achille, ed or Tersite:
uom, se’ tu grande, o vil? Muori, e il saprai.

(Vittorio Alfieri)

Ugo Foscolo, nato Niccolò Foscolo (Zante, 6 febbraio 1778 – Turnham Green, 10 settembre 1827), in un ritratto di François-Xavier Fabre, 1813 (Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze)

Il proprio ritratto
Solcata ho fronte, occhi incavati intenti;
crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto;
labbri tumidi arguti, al riso lenti;
capo chino, bel collo, irsuto petto:

membra esatte; vestir semplice eletto;
ratti i passi, il pensier, gli atti, gli accenti:
prodigo, sobrio; umano, ispido, schietto;
avverso al mondo, avversi a me gli eventi;

mesto i più giorni e solo; ognor pensoso;
alle speranze incredulo e al timore;
il pudor mi fa vile; e prode l’ira:

cauta mi parla la ragion; ma il core,
ricco di vizi e di virtù, delira:
Morte, tu mi darai fama e riposo.

(Ugo Foscolo)

Alessandro Francesco Tommaso Antonio Manzoni (Milano, 7 marzo 1785 – Milano, 22 maggio 1873), in un ritratto Francesco Hayez

Autoritratto
Capel bruno; alta fronte; occhio loquace;
naso non grande e non soverchio umile;
tonda la gota e di color vivace;
stretto labbro e vermiglio; e bocca esile;

lingua or spedita or tarda, e non mai vile,
che il cor favella apertamente, o tace,
giovin d’anni e di senno; non audace;
duro di modi, ma di cor gentile.

La gloria amo e le selve e il biondo iddio;
spregio, non odio mai; m’attristo spesso;
buono al buon, buono al tristo, a me sol rio.

A l’ira presto, e più presto al perdono;
poco noto ad altrui, poco a me stesso:
gli uomini e gli anni mi diran chi sono.

(Alessandro Manzoni)

Giuseppe Giusti (Monsummano Terme, 13 maggio 1809 – Firenze, 31 marzo 1850)

I trentacinque anni
Grossi, ho trentacinque anni, e m’è passata
quasi di testa ogni corbelleria;
o se mi resta un grano di pazzia,
da qualche pelo bianco è temperata.

Mi comincia un’età meno agitata
di mezza prosa e mezza poesia;
età di studio e d’onesta allegria,
parte nel mondo e parte ritirata.

Poi calando giù giù di questo passo,
e seguitando a corbellar la fiera,
verrà la morte, e finiremo il chiasso.

E buon per me, se la mia vita intera
mi frutterò di meritare un sasso
che porti scritto: <<Non mutò bandiera>>.

(Giuseppe Giusti)

Guido Gustavo Gozzano (Torino, 19 dicembre 1883 – Torino, 9 agosto 1916)

L’immagine di me voglio che sia
L’immagine di me voglio che sia
sempre ventenne, come in un ritratto;
amici miei, non mi vedrete in via,

curvo dagli anni, tremulo, e disfatto!
Col mio silenzio resterò l’amico
che vi fu caro, un poco mentecatto;

il fanciullo sarò tenero e antico
che sospirava al raggio delle stelle,
che meditava Arturo e Federico,

ma lasciava la pagina ribelle
per seppellir le rondini insepolte,
per dare un’erba alle zampine delle

disperate cetonie capovolte…

(Guido Gozzano)

Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957)

Così passo i miei giorni
Così passo i miei giorni, i mesi, gli anni.
Altro non chiedo in gioventù piacere
che tessere nell’ombra vuoti inganni,
care immagini sì, ma menzognere.

Solo a volte mi mescolo alle altere
genti del mondo. E anch’io quei loro affanni
provo: non cure tacite severe,
ma le lotte crudeli e l’onte e i danni.

Onde poi ritornando all’oziosa
pace dei sogni miei lunghi e fatali,
trovo ancora più dolci i colli aprichi,

il mar, gl’interminabili viali,
ove al rezzo dei grandi alberi antichi
il mio cuore s’addorme e si riposa.

(Umberto Saba)

Una strana bottega d’antiquario
s’apre, a Trieste, in una via secreta.
D’antiche legature un oro vario
l’occhio per gli scaffali errante allieta.

Vive in quell’aria tranquillo un poeta.
Dei morti in quel vivente lapidario
la sua opera compie, onesta e lieta,
d’Amor pensoso, ignoto e solitario.

Morir spezzato dal chiuso fervore
vorrebbe un giorno; sulle amate carte
chiudere gli occhi che han veduto tanto.

E quel che del suo tempo restò fuore
e del suo spazio, ancor più bello l’arte
gli pinse, ancor più dolce gli fe’ il canto.

(Umberto Saba, da Autobiografia, 15)

Marino Moretti (Cesenatico, 18 luglio 1885 – Cesenatico, 6 luglio 1979)

Non come gli altri
Io non son come gli altri e mi dispiace.
Io non son come gli altri, è un mio sconforto.
Io non son come gli altri, io so chi piace.
Io non son come gli altri, io vedo storto.

Io non son come gli altri, amo chi giace.
Io non son come gli altri, io penso all’orto.
Io non son come gli altri e non ho pace.
Io non son come gli altri e son già morto.

(Marino Moretti)

Vincenzo Cardarelli, nato Nazareno Caldarelli (Corneto Tarquinia, 1º maggio 1887 – Roma, 18 giugno 1959), foto di Paolo Monti

Homo sum
Io pago tutto.
Non c’è peccato
ch’io non abbia finora
debitamente scontato.
Ho un organismo vitale
che vuole, contrariamente
al Diavolo di Goethe,
vuole il Bene e fa il Male.
Pensate quale puntualità
e che liste di conti da saldare.
Ai messi del Signore
l’uscio della mia casa è sempre aperto.
E spesso delle loro intimazioni,
prevenendole,
io stesso senz’attenderli
mi faccio esecutore.
Sì che quand’essi giungono
ritto sull’uscio li fermo
e li rimando dicendo:
Amici, sono anch’io
cursore e complice di Dio.
Che dunque venite a fare
se il debito è già pagato?
Forse è perciò che una donna cattiva
suole dire celiando
ch’io sono un santo e innanzi di morire
farò miracoli.
Talvolta infatti io mi vedo come uno
di quei poveri santi
che sulle tele delle sacrestie
stanno in adorazione della Vergine,
inutilmente aspettando
un suo sguardo.
Ma vi dico, in verità,
che volentieri darei, se pur l’avessi,
una tanto gloriosa vocazione
per un poco d’allegra umanità.

(Vincenzo Cardarelli)

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