Donne Maledette 2/13

II – Rosamaria

Donne Maladette 2

Maleditemi pure se volete, non m’importa!

L’ho dovuto fare e l’ho fatto, l’ho fatto secondo coscienza.

Era un uomo schifoso il mio: ogni mattina prima di andare al lavoro mi batteva, mi lasciava con gli occhi gonfi e gli zigomi sanguinanti perché diceva che almeno così era sicuro che non sarei uscita a fare la puttana.

Alla sera, tornando a casa si fermava all’osteria a bere, chissà, forse per trovare lì il coraggio di darmele senza una ragione.

Quando lo sentivo salire le scale col passo pesante degli ubriachi già sapevo che le avrei buscate: la cena era troppo fredda, la minestra troppo calda, era poca, salata, insipida o si sentiva che era riscaldata.

Non l’ho mai amato, me l’hanno fatto sposare per forza perché dicevano che sennò alla mia età rischiavo di rimanere zitella, ma non era meglio?

Magari nemmeno lui mi ha mai voluta, chissà! Magari mi ha sposato solo per tenere qualcuno da battere che non era abbastanza forte per ridargliele.

L’avevo detto pure, a mia madre che quello mi massacrava di botte e lei mi ha risposto che certi uomini sono fatti così e non ci si può fare niente.

“Zitta, figlia mia, zitta, non farti sentire da tuo padre che sennò succede uno scandalo!”

E io zitta, per lo scandalo, per la vergogna, per mia madre e per non mandare in galera mio padre, che quello, se si accorgeva che prendevo tutte quelle sberle saliva a casa e lo crepava.

Troppo tempo sono stata buona ma adesso non potevo più farlo, sono incinta: mai gli avrei permesso di mettere una mano addosso a mio figlio!

E io, che madre sarei stata per lui?

Una con gli occhi sempre gonfi e gli zigomi sanguinanti che si vergognava pure di portarlo a scuola?

Che figura avrei fatto con lui tutte le mattine e tutte le sere dell’anno?

Amore mio, per te che devi nascere l’ho fatto, per l’amore che ho per te e perché so che la violenza partorisce violenza, se ti facevo crescere con quello schifoso magari diventavi cattivo pure tu come lui, Dio non voglia!

L’ho dovuto fare e sono contenta, voi maleditemi pure se volete, non m’importa!

Il veleno dei topi gli ho dato, che quello giusto un sorcio era!

Al medico gli ho detto che tenevamo il veleno in cucina e che lui se l’è preso pensando che era la pastiglia per il mal di testa.

Mi ha guardata il medico, mi ha contato i lividi sul viso, ha toccato il gonfiore intorno agli occhi, poi quando ha visto la pancia ha parlato a bassa voce col brigadiere e allora pure quello mi ha studiata da capo a piedi, ha guardato tutti i tagli sugli zigomi, ha toccato il naso mezzo rotto, si è seduto al tavolo della cucina e ha detto: “Portatelo via, è  morto per cause accidentali”.

Maleditemi ora, se volete, ma sbrigatevi che tra un po’ dovrò badare a mio figlio e non c’avrò più tempo di starvi a sentire!

Donne maledette
storie, poesie, pazzie
di Vespina Fortuna

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