Enea Principe dei Dardani

… destinato dal fato a fondare la città eterna… Roma

Oggi vi voglio narrare una delle leggende più belle della storia delle Origini di Roma.

Un grande eroe, figlio del pastore Anchise e della bellissima Dea dell’amore Afrodite.

Principe dei Dardani, partecipò alla guerra di Troia dalla parte dei Troiani.

Enea Valoroso troiano secondo solo ad  Ettore per il coraggio, nell’Iliade di Omero ha un ruolo secondario, mentre Virgilio con la sua “Eneide” lo rende  il protagonista assoluto.

La sua fuga da Troia fu leggendaria, un destino che l’ha condotto fino alle coste del Lazio per creare le fondamenta della stirpe romana.

La sua avventura si conclude con il suo approdo nel Lazio presso Pratica di Mare Torvajanica (Antica Lavinium) e con il suo matrimonio con la principessa Lavinia figlia del re Latino.

Una grande storia ricca di perifezie, intrighi e pellegrinazioni da una regione all’altra, con numerose perdite favorite dell’ira di Giunone.

Ma Anchise padre di Enea, come riuscì a sedurre la bellissima Dea dell’Amore?

Tutta colpa di Zeus padre di tutti gli Dei che, stanco delle numerose tentazioni che la magica cintura di Afrodite aveva su di lui, decise di vendicarsi facendo innamorare la bella dea di un comune mortale.

Il prescelto fu Anchise un giovane e umile pastore che di consueto faceva pascolare le sue vaste mandrie sui colli del monte Ida.

Venere e Anchise (Palazzo Farnese) di Annibale Carracci

Afrodite rimasta ammaliata dalla bellezza del bel pastore decise di sedurlo.

Una notte la dea, spacciandosi per una principessa mortale, raccontò al giovane di esser la figlia del re Otreo rapita dal dio Ermes, di lei perdutamente invaghito, e trasportata dal dio sui pascoli dell’Ida.

Vestita di un peplo rosso, riuscì con facilità a sedurre il giovane.

La mattina seguente Afrodite rivelò all’uomo la sua vera natura, e Anchise, temendo di essere punito per aver scoperto le nudità di una dea, la pregò di risparmiargli la vita.

Tuttavia la dea lo rassicurò, predicendogli la nascita di un bambino che sarebbe stato capace di regnare sui Troiani acquistando un potere straordinario che si sarebbe mantenuto anche con i suoi discendenti.

Ma allo stesso tempo Afrodite mise in guardia il suo amante, esortandolo a nascondere la verità sulla nascita del bambino, se Zeus ne fosse venuto a conoscenza, lo avrebbe senza dubbio fulminato.

Alcuni giorni dopo, Anchise in una locanda in compagnia dei suoi amici, parlando delle sue conquiste amorose, gli venne chiesto se avesse preferito passare una notte con la figlia di Priamo o con Afrodite. Il giovane pastore, dimenticò la promessa e si vantò affermando di aver avuto la fortuna di averle amate entrambe e un tale paragone era impossibile.

Zeus, udite le sue parole di vanto, gli scagliò cotro una folgore. Ma Afrodite protesse il suo amato grazie alla sua cintura magica, di fronte alla quale la terribile arma di Zeus fu nulla; la folgore raggiunse comunque Anchise, ma scoppiò innocuamente sotto i suoi piedi.

Afrodite diede alla luce Enea sul monte Ida, e lo lasciò allevare alle ninfe.

Enea non fu l’unico figlio che Anchise generò: qualche autore vuole infatti che dall’unione della dea con il mandriano nacque anche Lirno (o Liro), morto ancora bambino.

Virgilio racconta che Enea sarebbe stato allevato sin dalla tenera età da una nutrice chiamata Caeta, alla quale l’eroe era molto affezionato e quando ella morì le riservò ogni sorta di riguardo.

In età adulta sposò Creusa, la figlia del re Priamo cugino di suo padre, e da lei ebbe Ascanio e Etia.

Secondo le fonti più antiche, Enea avrebbe avuto una parte nel ratto di Elena regina di Sparta moglie di Menelao, per accontentare sua madre Afrodite che la volle darla in premio a Paride per averle consegnato il pomo della bellezza.

Poi si susseguirono varie avventure che pian piano lo spinsero a scappare nel Lazio.

La notte in cui i greci sarebbero usciti dal cavallo di legno, gli apparve in sogno Ettore, terribile d’aspetto, che gli annunciò l’inevitabile caduta di Troia e il suo arrivo in terra italica.

Durante l’incendio della città tentò di difenderla, insieme a pochi uomini, ma dopo aver capito che era ormai vano, decise di fuggire portando con sé il padre Anchise sulle spalle e il figlio Ascanio preso per mano.

Durante la fuga tra le fiamme perse sua moglie Creusa che, sotto forma di fantasma, gli rivelò il suo futuro di fondatore di un grande popolo.

Fuga di Enea da Troia, Federico Barocci-1598-Galleria Borghese-Roma

Tra mille insidie e varie peripezie, Enea fuggì da Troia via mare e sbarcò presso Cuma per chiedere responso alla sibilla che lì abitava. Poi sbarcò in Italia nell’attuale Salento, a Castro.

Enea e i suoi uomini si fermarono in Sicilia, a Erice benevolmente accolti dal re Aceste  dove il vecchio Anchise morì e fu sepolto.

Era, moglie di Zeus piena di odio per i troiani, scatenò una tempesta contro la flotta, che venne trascinata verso l’Africa.

Lì Enea e i suoi uomini vennero accolti dalla regina Didone, a Cartagine dove l’eroe narrò le sue terribili vicende. I due si innamorarono perdutamente ma, per ordine di Zeus, Enea dovette ripartire. Fu un terribile colpo per la povera regina che si tolse la vita.

Le passioni di Enea e Didone, affresco romano da Pompei, Casa del Citarista, III stile, 10 a.C. – 45 d.C. (Opera Propria di Stefano Bolognini)

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Affreschi_romani_-_Enea_e_didone_-_pompei.JPG

La flotta troiana sbarcò di nuovo a Erice, dove per l’anniversario della morte di Anchise furono celebrati alcuni giochi in suo onore, i ludi novendiali, ai quali parteciparono sia atleti troiani sia atleti siciliani (libro V).

Nella vicina città di Drepanon alcune donne, fra le esuli, stanche dei lunghi e pesanti viaggi, decisero di dare fuoco alle navi. Enea ordinò dunque, a chi non volesse continuare il viaggio, che era libero di restare a Drepano.

Proseguì il suo viaggio e si recò poi a Cuma dove incontrò la Sibilla con la quale scese da vivo nel regno dei morti. Lì incontrò Caronte e Cerbero, che cadde addormentato per un inganno della Sibilla. Giunto ai campi del pianto vide poi il triste spirito di Didone.

Incontrò anche l’anima di Deifobo, il cui cadavere era stato sfregiato da Menelao.

Infine venne accolto dal padre Anchise che gli presentò le anime di coloro che avrebbero fatto grande il regno promesso a Enea in Italia.

Tornato nel mondo dei vivi, Enea sbarcò finalmente sulle rive del Tevere, dopo aver visitato anche il Circeo: dove morì Caieta, la sua nutrice, ed egli la fece seppellire nel luogo che si sarebbe poi chiamato Gaeta in suo ricordo.

Il re di Laurento, Latino, decise di affidargli la mano della figlia Lavinia, scatenando però così l’ira di Turno, il re dei Rutuli, cui la fanciulla era stata promessa.

Ma alla fine ebbe la meglio Enea; la prese in sposa e decise di fondare una città in suo onore a cui diede il suo nome.

Il luogo dove fu fondata, sarebbe quello dove, secondo la leggenda, si svolse una contesa tra un lupo, un’aquila e una volpe, o un picchio, contesa interpretata da Enea come segno della futura grandezza di Lavinio, le cui immagini sarebbero state rimaste per lungo tempo riprodotte nel forum cittadino.

Lavinio era particolarmente cara ai romani, che la ritenevano sacra perché conservava gli dei ancestrali della città. Secondo il racconto di Livio, Lavinio era una città ricca e fiorente, tanto da avere popolazione in eccesso. Per questo motivo Ascanio, 30 anni dopo la sua fondazione, abbandonò Lavinio per fondare la nuova città di Alba Longa (localizzata da Dionigi di Alicarnasso, tra il Monte Cavo e il lago di Albano).  In questi trent’anni, nessuno tra i vicini osò attaccare Lavini.

Lavinium-Heroon di Enea – Pratica di mare, Torvajanica, Pomezia

L’antica città di Lavinium è ricordata dalle fonti soprattutto per gli aspetti leggendari e religiosi “Civitas religiosa” (Simmaco, alla fine del IV sec.d.C.)

Le prime fonti storiche che citano la sua fondazione da parte di Enea sono probabilmente derivate da Timeo (fine del IV sec.a.C.), ripresa poi da Licofrone (fine IV-inizi III sec.a.C.) e consacrata da Virgilio nella sua Eneide.

Nel 1955-56 Ferdinando Castagnoli e Lucos Cozza effettuarono le ricerche mettendo in luce importanti complessi sacri, come quello delle Tredici Are e l’Heroon di Enea, strutture abitative, produttive e pubbliche, nell’area propriamente urbana, e zone di necropoli.

Le indagini archeologiche e le pubblicazioni ad esse relative furono portate avanti dall’Istituto di Topografia dell’Università Sapienza di Roma con opere sistematiche e contributi su singoli argomenti, soprattutto da parte di Paolo Sommella, Maria Fenelli, Marcello Guaitoli e Fulvio Cairoli Giuliani tra gli anni ’70 e ’90 dello scorso secolo.

Più recentemente le ricerche, sotto impulso della Soprintendenza, si sono concentrate sulla verifica delle emergenze e sullo studio dei materiali archeologici.

Di grande importanza gli scavi del santuario costiero di Sol Indiges ,il luogo mitico dello sbarco di Enea, dirette da Alessandro M. Jaia dell’Università Sapienza di Roma.

Il Santuario delle XII Are a Lavinium (Foto: Il Messaggero)

Il particolare complesso delle Tredici Are è un luogo sacro la cui vita inizia alla metà del VI secolo a.C. La presenza di ceramica di importazione attica, laconica, ionica, testimonia i contatti della città latina con il mondo greco.

I reperti nel Museo Archeologico di Lavinium

Nel V e nel IV secolo a.C. vennero costruiti nuovi altari e restaurati  alcuni  di quelli già esistenti e vennero abbandonati nel  III secolo a.C .

Sono state rinvenute  molte offerte votive  durante lo scavo del santuario: piccoli crateri, coppe, bronzetti, per le prime fasi di vita del santuario, mentre sono più recenti  i votivi anatomici, statuine di terracotta, le teste e le mezze teste votive.

Sono state elaborate diverse proposte di identificazione del culto del Santuario: si è parlato di un Aphrodision (santuario di Afrodite), sulla scorta della testimonianza di Strabone, di un culto federale legato ai Penati, di culti agrari, ecc.

Vicino al santuario sorgeva la tomba a tumulo orientalizzante (inizi del VII sec.a.C.) monumentalizzata nel IV secolo a.C. e identificata, sulla base di una descrizione di Dionigi di Alicarnasso, con l’Heroon di Enea, il luogo destinato al culto dell’eroe.

Tomba di Enea

Gli scavi hanno dimostrato che la città era ampiamente abitata dalla fine del VII sec. a.C,  e raggiunse la massima espansione nel corso del VI sec.a.C.

Nei santuari, come quello dedicato a Minerva, i devoti donavano preziose statue votive oggi custodite al Museo Lavinium.

Al centro della città, la piazza del Foro, provvista di un grande tempio a tre celle e da Augusteum, che ha restituito ritratti della famiglia giulio-claudia, con le vicine terme di epoca imperiale, confermano la vitalità del centro, in piena età romana.

Ho avuto l’onore di scavare in questo importante sito archeologico dove ogni singola pietra aveva tanto da narrare. Ogni giorno con energia e entusiamo speravamo di trovare qualche piccolo tassello da aggiugere alla storia delle origini del popolo Romano fondato da un grande coraggioso guerriero figlio di una Dea e di un pastore, ricordato come un eroe destinato dal fato alla Fondazione della grande “città eterna” Roma.

Autrice: Dott.ssa Mariachiara Patriarca

Fonti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Lavinio_(citt%C3%A0_antica)#/media/File:Pratica_di_mare_20140125_n.jpg
https://it.wikipedia.org/wiki/Lavinio_(citt%C3%A0_antica)
http://www.comune.pomezia.rm.it/area_archeologica
https://it.wikipedia.org/wiki/Enea
https://it.wikipedia.org/wiki/Enea#/media/File:Aeneas%27_Flight_from_Troy_by_Federico_Barocci.jpg

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