I poeti realisti

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I poeti realisti

Il baro, dipinto di Caravaggio (1594)

Accanto alla lirica cortese si sviluppa una forte ed autonoma tradizione realistica o burlesca, che riprende con il mezzo del volgare e nella forma del sonetto alcuni temi caratteristici di ascendenza antica, come l’invettiva contro i parenti, la satira sulle donne, la deprecazione degli improvvisi rivolgimenti della fortuna.

La poesia realistica o burlesca chiama in causa ragioni e costumi della società borghese del 2-300.

I poeti di questo genere miravano a tradurre in situazioni letterarie non solo ciò che avevano assimilato dalla cultura precedente, ma quello che avvertivano di nuovo, costumi più liberi, contatti con altre nazioni o religioni, spregiudicatezza e critica dei vincoli morali della società del tempo, che stava ormai tramontando.

Clima da taverna

A tale tradizione appartiene la poesia goliardica (dal nome di Golia, nemico della fede per eccellenza e quindi con accezione negativa; dal latino goliardus persona golosa e ingorda), e i suoi autori sono soprattutto clerici vagantes, studiosi che si spostano di città in città frequentando le lezioni dei maestri più rinomati.

La lingua utilizzata era per lo più il latino e i temi insistevano sulle donne, il vino e il gioco d’azzardo.

Il primo nella nostra letteratura a creare lo stile comico mescolando lingua e dialetto fu Cecco Angiolieri.

Egli costruì abilmente parodie e scherni con allusioni agrodolci, dando avvio a una vera “scuola” del poetare burlesco, con leggi meno ferree dello stilnovismo, ma pur sempre normative nella grammatica dell’irridere e del calunniare.

Cecco Angiolieri

I poeti giocosi miravano a rovesciare ironicamente i termini della dottrina amorosa stilnovistica, presentando al posto di un dato concettuale il suo opposto, al posto di un’immagine la sua stessa deformazione, e di uno stato psicologico il suo verso caricaturale.

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Maggio 27, 2018

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