Il sole e l’armatura

Il sole e l'armatura, racconto di Paolo Ninzatti

Maggio. Anno del Signore 1529

Di notte, la radura nel bosco sembrava un luogo fuori dal tempo. I contorni del monte Redondo, alla luce della Luna, incombevano, come se il finto vulcano fosse stato un gigante vivente. Nelle sue viscere si fabbricava il futuro nella forma di macchine sempre più avanzate e sofisticate.

Fioravante rimuginò sui diversi piani della realtà, mentre, a poche miglia da tecnica e scienza, si preparava a usare qualcosa di antico come la magia. Anch’essa aveva le sue regole: come un’aeronave senza un motore a vapore non avrebbe mai potuto librarsi nei cieli, così il viaggio astrale che si accingeva a compiere non avrebbe mai potuto realizzarsi senza un ”motore”.

E l’armatura costituita dalla Corazza della Valchiria, lo Scudo di Canuto, l’Elmo di Odino e il Pugnale di Kalì l’avrebbe fatto volare nel tempo e nello spazio con l’anima, a scoprire nuovi mondi. I quattro talismani erano come altrettanti motori capaci di muovere i rotori simbolici per il lungo viaggio.

La notte di Calendimaggio sarebbe stato il momento giusto. Fioravante si sistemò al centro del cerchio costituito dagli altri druidi; anche nella penombra poteva vedere i loro occhi pieni di curiosità. Non era la prima volta che lui e i discepoli compivano quel rito annuale, ma quella notte, grazie ai talismani, al suo ritorno dal viaggio avrebbe potuto rivelare cose nuove agli altri. E non soltanto a loro.

Il doge, che bramava conoscenza di altre culture e aveva inviato decenni prima una spedizione in America, ora mirava ad andare sempre più avanti. Sempre più a Occidente od Oriente. Giapangu si poteva raggiungere da ambo i punti cardinali. Ma i suoi segreti non sarebbero stati scoperti anche se un’aeronave avesse potuto volare fino a là.

Il doge sapeva che quella gente orgogliosa e guerriera avrebbe tenuto per sé in propri misteri, diffidente degli occidentali, che, purtroppo, si erano fatti una nomea di superstiziosi sempre a caccia delle streghe.

Gli sporadici contatti con le spedizioni spagnole avevano inculcato negli abitanti di Giapangu il timore dell’Inquisizione.

Poco sarebbe servito cercare di spiegare che la Serenissima Repubblica Italiana, paladina della rinascenza culturale, non era il Regno di Spagna. A volte gli esseri umani facevano di tutte le erbe un fascio.

Quanti italiani, ad esempio avrebbero considerato come culture distinte quella cinese e quella giapanghese? Agli occhi di un occidentale quei volti giallognoli dagli occhi a spina erano alieni e tutti uguali.

Per questo la missione di Fioravante alla ricerca di qualche altro santone di quella cultura avrebbe varcato i limiti dell’incomprensione comunicando con lo spirito, che non vedeva differenza tra le forme degli occhi, colore della pelle, vestiti, riti e mentalità differenti mettendo invece in risalto cosa c’era in comune.

Fioravante si concentrò, i discepoli chiusero gli occhi. Il cerchio magico era il vapore, gli amuleti il motore, e lui l’aeronave e il pilota.

Il bosco sparì.

La notte divenne giorno. Il sole splendeva. Lui sembrava fluttuare tra le vie di una città fantastica dagli edifici bassi e pittoreschi. Era stato spesso a Tenochtitlan, in America e aveva visto le meravigliose piramidi mexica. Un mondo alieno a cui si era abituato. Quegli edifici differivano sia da quelli occidentali che da quelli americani.

Fioravante, o meglio il suo spirito, volò a velocità indescrivibile, come un aliante spinto dal vento. Qualcosa o qualcuno sembrava attirarlo. Lasciatosi la città alle spalle sorvolò la campagna variopinta. Alberi dai fiori rosa abbellivano il verde pianegginante a cui man mano si sostituì un paesaggio montuoso. Su una delle cime si ergeva una costruzione.

Un concetto gli entrò in testa: la rocca di un signore della guerra. L’idea che in quel paese dai fiori rosa esistesse la guerra, come in Europa, gli sembrò inconcepibile. Lo spirito di Fioravante fluttuò, fortunatamente invisibile, tra i corridoi di quella fortezza piena di uomini armati.

La sua anima attraversò un muro e finalmente si trovò faccia a faccia con un anziano seduto su uno scranno, unica figura disarmata in quella costruzione e unica persona che si accorse della sua presenza. L’uomo sorrise, per niente spaventato. Fioravante sapeva che il giapanghese lo stava a modo suo vedendo.

Non aprì bocca, ma nella sua testa arrivarono concetti in una lingua universale.

“Benvenuto, saggio straniero. Mi duole che al tuo arrivo a Nippon tu veda il mio amato paese in preda alla guerra civile e all’anarchia. Io stesso per sopravvivere sono costretto a servire lo shogun locale e i suoi samurai, dandogli profezie e promettendogli vittorie. I talismani che porti devono essere molto forti. Fortunati noi, perché il tuo potere si aggiunge ora al mio.”

Esibì un ciondolo dorato con uno strano simbolo che si portava al collo.

“Questo talismano è molto potente e insieme ai tuoi ci permetterà di vedere le diverse strade del futuro, prossimo e lontano, e alcune delle variazioni del destino.”

La stanza e il vecchio sparirono e al suo posto nella mente di Fioravante giunsero immagini colorate e concetti.

La prima visione fu spaventosa e presentò al druido un futuro possibile in una deviazione ormai avvenuta del destino. Il concetto di Anno del Signore 1941 prossimo venturo gli diede le vertigini, ma la vista di ornitotteri dalla forma inusitata con il simbolo del Sol Levante che sputavano fuoco e lanciavano proietti contro navi di metallo su cui garrivano vessilli con stelle e strisce facendole esplodere, fu estremamente scioccante. Quattro secoli nel futuro e l’umanità si combatteva con armi più tremende di quelle che lui conosceva.

La scena variò e Fioravante si ritrovò a vedere qualcosa che sarebbe avvenuto nell’Anno del Signore 1945. Un’esplosione terrificante, un fungo enorme e infuocato distruggeva un’intera città. Fioravante sapeva che il suo corpo, lontano miglia e miglia, stava sudando alla vista di quel cataclisma. Ma la voce mentale del vecchio lo tranquillizzò.

”Saggio Fiore San, non temere. Quello che hai visto appartiene a un altro destino, lo sento. Grazie proprio al mikado del tuo paese stiamo ora vivendo in un altro corso temporale. In quell’altro, il progresso tecnologico è arrivato più tardi.”

”Ma nonostante ciò l’Uomo ha costruito quell’ordigno capace di radere al suolo una città. Ma ora che il doge ha fatto accelerare il progresso scientifico, tale bomba, o qualcosa di peggio, potrebbero essere costruite ancora prima.”

”Verissimo, Fiore San. Ma ti leggo nella mente che fortunatamente il tuo doge ha anche contribuito al progresso spirituale. Forse, se le due cose proseguiranno in armonia, la tecnologia per scopi pacifici potrebbe prevalere e… ”

Ancora una volta la stanza e il giapanghese sparirono lasciando posto a visioni.

Un concetto: Anno del Signore 1616. Un vulcano in Italia: lo Stromboli. Il calore incandescente della lava faceva evaporare una massa enorme d’acqua. Da una galleria scavata sui fianchi del monte, un missile enorme venne sparato. Da ugelli nell’ogiva scarurirono getti di vapore.

Il concetto di astronave si piantò nella mente. La macchina fantastica arrivò nello spazio e puntò verso la Luna. Una squadra di astronauti comandata da uno scienziato atterrò sulla superficie del satellite. Un concetto e un nome: Galileo Galilei, il Leonardo da Vinci del secolo a venire. Il vessillo con il Leone di San Marco venne piantato sulla bianca superficie lunare dove non tirava vento.

L’immagine scomparve e ancora l’uomo gli parlò nella mente.

“Forse questo sentiero del destino potrebbe essere migliore. Ma dobbiamo stare sempre all’erta perché…”

Nuove immagini.

Concetto: presente. Un vulcano, in Giapangu. Un nome che in quella lingua significa Montagna di Fuoco. Fugiama o qualcosa del genere. Da lì, una minaccia. E non era un’eruzione, ma, come nel caso del Redondo, qualcosa di segreto si stava fabbricando alla sue pendici: macchine e armi per un complotto ordito da una spia italiana, un traditore, e i suoi complici. Purtroppo non riuscì a vederne il volto.

L’immagine svanì nuovamente e il volto severo, ma senza alcuna accusa dichiarò: ”Le macchine del tuo paese al servizio del male. Ancora una volta il mondo è in pericolo. Come anni fa, in America. Ora so, grazie ai tuoi pensieri. Fiore San, sei ancora in tempo per fermare questa follia.  La spia ha già fallito nel paese chiamato Inghilterra. Forse fallirà anche in Nippon. Dipende dal valore di chi vi si opporrà. Il nostro tempo assieme sta scadendo perché il Sole sta sorgendo nel tuo paese. Addio.”

Fioravante si sentì come strappare via, e in pochi attimi il suo spirito si ritrovò in Italia. Gli occhi esterrefatti dei discepoli attendevano la sua parola. La lotta contro l’Oscurità continuava. La Luce doveva vincere. Sempre.

di Paolo Ninzatti

Racconto breve ambientato nell’universo del romanzo “Le ali del serpente” dello stesso autore.

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