Neve

Dimitri osservava cupo in volto il camino dove il fuoco stava per esaurirsi, l’ultimo ceppo si consumava  sotto il grosso pentolone annerito dagli anni e dal fumo.

Una zuppa bolliva piano, fatta d’erbe raccolte nella campagna prima dell’inizio della nevicata, cipolle e patate, nemmeno un pezzetto di carne. Quella doveva essere il pasto per lui e i suoi due figli che dormivano di lato alla bocca del fuoco, avvolti in una pelle consunta d’orso.

Sapeva che fra poco doveva uscire per andare a prendere altra legna, la brace non era sufficiente né per cuocere la modesta minestra nella pentola né per riscaldare l’ambiente in cui era.

L’arrivo della neve aveva peggiorato la situazione, il bosco non era lontano, ma attraversare lo spazio con la neve che cadeva fitta e poi riportare la legna diventava complicato, inoltre,  anche se riusciva a portarla, la legna era bagnata e gelida e non avrebbe preso fuoco, poteva generare solo fumo.

Si chiedeva se fosse valsa la pena continuare, lui voleva resistere e restare in quella casa dove aveva vissuto giorni felici insieme alla sua Masha, ma la lotta contro le avversità e il lungo inverno che era appena cominciato era davvero dura e senza speranza di riuscita.

 Da quando se n’era andata, lui si era rifugiato in un mondo di silenzio e di sofferenza. Non poteva rassegnarsi a vivere in quelle condizioni con due figli da crescere. La neve aveva già coperto il poco spazio intorno alla casa e il bosco poco lontano stava scomparendo sepolto dal manto bianco. Con la diminuzione del fuoco, il freddo si stava facendo sentire ancora di più, doveva decidersi ad uscire, ma non voleva allontanarsi da quel poco di tepore che ancora era presente nella stanza, si sentiva senza forze, alla fine cedette alle lusinghe del sonno che gli fece chiudere gli occhi. Si era appena addormentato, quando un voce lo chiamò per nome :  Dimitri!

Lui aprì gli occhi e si guardò intorno, vide lo squallore e il silenzio che lo circondava, richiuse gli occhi e si rimise a dormire, doveva essere un sogno quello che gli aveva fatto sentire la voce della moglie, sapeva che non era possibile un evento del genere.

Poco dopo la voce tornò a farsi sentire, più insistente:  Dimitri, Dimitri amore mio svegliati! Questa volta balzò a sedere, la voce era senza dubbio quella della moglie Masha, ma non riusciva a capire come fosse possibile

  • Masha, gridò con un’angoscia che lo stringeva al petto
  • marito mio, Svegliati! La voce continuava a parlare

Seduto per terra, sulla coperta che lo avvolgeva, era incredulo, spaventato. Sapeva bene che quella voce doveva essere frutto della sua fantasia, dello  stato di inedia in cui versava.

Lei era morta, l’aveva seppellita con le sue mani nell’angolo dietro la casa, il posto più riparato dal vento gelido che soffiava continuo quasi per tutto l’anno. Lì la sua Masha aveva costruito un piccolo giardino recintato e aveva messo a dimora delle piante di fiori, nella speranza di vederli fiorire.

Ricordava ancora quell’anno in cui nella primavera inoltrata il giardino diventò un’oasi fiorita. La gioia della moglie fu immensa e lui fu lieto, finalmente, di vedere il viso della sua adorata emanare felicità.

L’aveva seppellita proprio in quel rettangolo di terra, capace di regalare uno dei rari momenti di felicità ad entrambi.

La vita che conducevano in quel posto, non era delle migliori, ma la loro unione era tale che sopportavano sorridendo tutte le avversità della vita. Adesso in un momento molto difficile della sua vita la voce della moglie lo incitava a svegliarsi, a darsi da fare.

Dimitri si rese conto che lei era sempre vicina a lui, lo seguiva dall’alto del cielo. Decise che non poteva deluderla. Era sempre stato un uomo forte, caparbio, avvezzo alla fatica, a non lasciarsi vincere da nulla e nessuno, doveva farlo per Masha e per i suoi figli e anche per se stesso.

Doveva togliere dal cuore la neve che lo teneva prigioniero, recuperare la dignità che stava rischiando di perdere.

Si alzò con piglio deciso, vide i figli che ancora dormivano e, per non far spegnere il fuoco, prese uno degli sgabelli e lo ruppe, mise  alcuni pezzi sul fuoco che subito si ravvivò e la zuppa riprese a bollire. Conservò gli altri pezzi per dopo, quando con la legna fresca aveva bisogno di un fuoco più forte.

Cominciò a vestirsi con calma, sorrideva, si rese conto che un po’ di neve non poteva certo impaurirlo. Lui era nato in quel posto, aveva vissuto sempre con quella presenza ingombrante.

Indossò un pantalone di lana grezza a doppia lavorazione e due maglie, pur se sdrucite erano adatte a ripararlo; prese il colbacco di pelo di coniglio selvatico con i due paraorecchi, li fissò bene sotto il mento. Gli scarponi furono fissati a due racchette da neve per poter camminare sulla neve soffice e, prima di uscire, prese dal muro la pesante ascia da legna. Uscito fuori andò sul retro a prendere la slitta con la cesta dove mettere la legna.

Si mise con le spalle alla porta di casa e guardando avanti verso il bosco, sorrise, era pronto.

Arrivò facilmente ai margini del bosco, gli alberi erano tutti coperti di neve, specie i rami più alti, mentre quelli in basso a contatto quasi con il terreno erano spogli e rinsecchiti.

Furono proprio quelli che Dimitri attaccò per primi, a colpi possenti d’ascia, in breve la cesta fu piena di rami e foglie, dovette fermarsi perché non ne poteva contenere di più, era costretto a fare ancora un viaggio, sapeva che rami sottili non sarebbero durati a lungo, ci volevano ceppi più grossi e consistenti.

Tornò indietro trascinandosi la slitta con una fune, depositò il carico al riparo della tettoia davanti casa e tornò indietro per recuperare qualcosa di più grosso.

Vide che oltre l’inizio del bosco, all’interno c’era un albero caduto sotto il peso della neve, era spezzato a metà e la parte superiore era penzolante, proprio quello che faceva al caso suo.

Si piazzò davanti al tronco a gambe larghe, ben piantato per terra e cominciò a lavorare con colpi di scure sempre più violenti.

Man mano che colpiva  il legno sentiva scorrere il sangue sempre più velocemente, non sentiva la fatica, ma un senso di liberazione, come se i colpi che menava con intensità li stesse dando al destino, voleva dimostrare che non era ancora finito, non ancora vinto.

Dopo poco tempo la cesta, fu piena di grossi ceppi, il carico era pesante da trascinare, ma ormai lui si sentiva forte e in grado di affrontare qualsiasi impedimento.

Stava dando gli ultimi accorgimenti alla legna sulla slitta per non far cadere i pezzi, quando da sotto le frasche spuntò la testolina di un coniglio selvatico, era stato disturbato dal lavoro dell’uomo e si era affacciato per vedere.

Dimitri pur dispiacendosi per il piccolo animale, lo uccise con un colpo in testa. Lo adagiò accanto alla legna, poi con un sorriso alzò gli occhi al cielo, un muto ringraziamento alla moglie che con la sua voce lo aveva destato da un sonno pericoloso.

Portò quel carico prezioso fino a casa e rientrò giusto in tempo per vedere i due figli, che si riscaldavano davanti al camino che sprizzava fiamme e scintille sotto il pentolone annerito dal tempo e dal fumo. Un profumo di zuppa riempiva la casa, mentre, fuori continuava a cadere la neve.

di Lorenzo Barbieri

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