Odissea – Libro II

Ritorno di Telemaco a Itaca e incontro con Penelope Bassorilievo in gesso (1787-1790) – Antonio Canova

ODISSEA

Libro Secondo

Quando al mattino apparve Aurora dalle dita rosee,                                                                     1

il figlio di Odisseo saltò giù dal letto

e indossò le sue vesti; si mise la spada a tracolla,

legò i bei sandali ai piedi vigorosi

e uscì dalla stanza, simile a un Dio nell’aspetto.                                                                            5

Ordinò subito agli araldi dalla voce squillante

di chiamare in assemblea gli Achei dalla lunga chioma;

gli araldi dettero il bando e tutti si radunarono in fretta.

Quando si furono radunati e riuniti, lui andò in assemblea,

stringendo in mano la lancia dalla punta di bronzo;                                                                   10

non era solo, lo seguivano due cani veloci.

Atena riversò su di lui una miracolosa bellezza

e, mentre avanzava, tutti lo guardavano;

poi sedette al posto del padre e gli anziani gli fecero largo.

Il primo a parlare fu il glorioso Egizio, che era curvo                                                                  15

per la vecchiaia e sapeva moltissime cose.

Suo figlio, il valoroso Antifo, era partito con le navi profonde

insieme al glorioso Odisseo verso Ilio ricca di cavalli;

e lo aveva ucciso il feroce Ciclope nella sua grotta:

ne aveva fatto il suo ultimo pasto!                                                                                                 20

Aveva altri tre figli e uno di loro, Eurinomo,

era tra i pretendenti; gli altri due curavano i beni paterni,

ma lui non dimenticava chi era morto: soffriva e gemeva.

Versando lacrime per lui, si alzò a parlare e disse:

“Ascoltate, Itacesi, quello che sto per dire.                                                                                   25

Non abbiamo avuto nessuna riunione dell’assemblea

da quando Odisseo partì con le navi profonde:

ora, chi ci ha riuniti? Chi, tra i giovani o quelli

che sono più anziani, ne ha sentito il bisogno?

Forse ha avuto notizie dell’arrivo di un’armata                                                                           30

e vuole dirlo a tutti dopo averlo saputo per primo?

O vuole annunciare e discutere un altro affare pubblico?

Mi sembra un uomo giusto e meritevole; spero

che Zeus gli conceda tutto ciò che il suo cuore desidera”.

Così disse, e gioì di questo discorso il figlio di Odisseo,                                                             35

che non stette più fermo, ma – ansioso di parlare –

si alzò nel centro dell’assemblea; l’araldo Pisenore,

saggio ed esperto, gli pose in mano lo scettro.

Allora, rivolgendosi per primo al vecchio, disse:

“Vecchio, quest’uomo non è lontano e presto lo saprai:                                                            40

ho riunito io l’assemblea, il mio dolore mi ha spinto a farlo.

Non ho avuto notizie dell’arrivo di un’armata

da dire a tutti dopo averlo saputo per primo.

E non voglio annunciare e discutere un altro affare pubblico;

è un mio bisogno, per la doppia sciagura che si è abbattuta                                                      45

sulla mia casa: non solo ho perduto il nobile padre, che un tempo

regnava su di voi e come un padre vi amava;

ora c’è una cosa ancora più grave, che presto manderà in rovina

la mia casa e distruggerà tutti i miei beni:

i pretendenti hanno chiesto in moglie mia madre, le mettono fretta;                                      50

sono i figli dei più nobili tra quelli che abitano qui:

hanno paura di andare a casa di Icario, suo padre,

perché provveda al matrimonio della figlia

e la destini a chi vuole lui, a chi gli è gradito.

Invece si aggirano tutti i giorni nella mia casa,                                                                            55

uccidendo buoi, pecore e capre ben nutrite;

banchettano, bevono senza limiti il limpido vino.

Consumano di tutto, perché non c’è quell’uomo,

Odisseo, che avrebbe potuto scacciarli da casa nostra.

Noi ora non siamo capaci di cacciarli: anche in futuro                                                              60

saremo deboli e sottomessi, non potremo difenderci;

se ne avessi la forza, io li scaccerei da solo:

le loro azioni sono insopportabili e la mia casa

viene distrutta in modo indecoroso. Sdegnatevi anche voi,

vergognatevi degli altri, dei popoli che vivono                                                                             65

intorno a noi: abbiate timore dell’ira degli Dei;

che non la volgano contrano di voi, punendo le azioni malvage!

Io vi prego, per Zeus Olimpio e per Temis

che scioglie e riunisce le assemblee degli uomini:

aiutatemi, amici, lasciatemi solo nel mio dolore;                                                                        70

a meno che mio padre, il glorioso Odisseo,

non abbia fatto del male agli Achei dai solidi schinieri

e che voi non dobbiate vendicarvi, facendo del male a me

e favorendo quegli uomini. Per me sarebbe più conveniente

che foste voi a consumare tutti i miei beni e il bestiame;                                                           75

se foste voi a consumarli, ne avrei presto una ricompensa:

insisterei a reclamare in città le mie ricchezze,

per farmele restituire tutte. Così, invece,

mi procurate un’angoscia insostenibile”.

Così disse, adirato, e gettò a terra lo scettro,                                                                               80

versando lacrime: e tutta l’assemblea piangeva con lui.

Tutti stavano in silenzio, nessuno aveva il coraggio

di rispondere a Telemaco con parole ostili;

solo Antinoo, in risposta, gli disse:

“Telemaco, tu straparli e la tua ira è insopportabile:                                                                  85

tu vorresti coprirci di vergogna.

Ma non sono i pretendenti Achei ad essere colpevoli

verso di te, ma tua madre che conosce troppe astuzie.

Sono già tre anni, e si avvicina il quarto,

che lei illude l’animo degli Achei:                                                                                                  90

fa sperare tutti, a ognuno fa promesse

e manda messaggi: ma la sua mente medita altro.

Ha saputo inventare anche un inganno:

chiusa nelle sue stanze, tesseva una grande tela,

sottile e lunghissima, e ci disse:                                                                                                     95

– Giovani pretendenti, poiché il glorioso Odisseo è morto

aspettate, prima delle nozze da voi bramate, che io finisca

questo tessuto, perché non vada perduto il mio lavoro:

è il sudario per il nobile Laerte, per quando

lo raggiungerà il doloroso destino della morte,                                                                         100

perché nessuno, nel popolo degli Achei, possa rimproverarmi

se resta senza un lenzuolo funebre lui che ha conquistato tanto -.

Così disse e non disobbedì il nostro animo superbo.

Ma lei di giorno tesseva la grande tela

e di notte la disfaceva, con le fiaccole accanto,                                                                          105

e per tre anni interi illuse gli Achei con la sua astuzia.

Ma quando, con il volgere delle stagioni, venne il quarto anno,

allora una donna, che sapeva tutto, ce lo disse:

e noi la scoprimmo mentre disfaceva la sua splendida tela;

così, contro il suo volere, fu costretta a finirla.                                                                          110

Noi, che chiediamo di sposare tua madre, ti diciamo questo

perché tu sappia; e che lo sappiano tutti gli Achei:

manda via tua madre, ordinale di accettare le nozze

con chiunque le piaccia, o con chi le imponga il padre.

Ma se farà penare ancora per molto i giovani achei,                                                                  115

utilizzando i tanti doni che Atena le fece

(saper fare lavori bellissimi, avere un animo nobile,

cose che non abbiamo mai trovato in nessuna delle donne

antiche, perché tra le donne achee dalle belle trecce

– Tirò o Alcmena o Micene dalla bella corona –                                                                         120

nessuna sapeva ragionare come Penelope),

ebbene questa è un’idea sbagliata:

le tue sostanze e i tuoi beni saranno sempre distrutti,

finché lei continuerà a seguire questa idea che le hanno

ispirato gli Dei, procurando a se stessa una grande gloria,                                                      125

ma a te solo il rimpianto dei beni perduti.

Noi non andremo ad occuparci di altro, né a cercare un’altra donna,

prima che lei accetti di sposare uno degli Achei: quello che sceglierà.

Gli rispose allora giudiziosamente il saggio Telemaco:

“Antinoo, non posso mandare via di casa, senza che lei lo voglia,                                          130

colei che mi ha generato e allevato, mentre mio padre

vive in qualche altro punto della terra o è già morto.

Sarebbe un danno per me dover ripagare la dote

a Icario se, per mia scelta, gli rimandassi indietro mia madre.

E subirei punizioni da mio padre (o me le imporrà un demone),                                           135

perché mia madre, andando via di casa, invocherà le odiose Erinni;

e su di me cadrà il biasimo. Perciò io non farò mai quanto proposto.

Ma ora, se il vostro cuore riesce a provare il rimorso,

andate via dalla mia casa, preparatevi altri banchetti,

pagandoli a vostre spese e alternandovi nelle vostre case!                                                      140

Se, invece, vi sembra più piacevole e più bello

distruggere impunemente le sostanze di un uomo solo,

consumatele pure; ma io invocherò gli Dei eterni,

perché Zeus voglia che le vostre colpe siano un giorno punite.

E allora voi morrete invendicati dentro la mia stessa casa.”                                                    145

Così disse Telemaco; e Zeus dalla voce possente gli mandò

due aquile in volo dall’alto, dalla cima del monte.

Quelle volavano con il soffio del vento,

l’una accanto all’altra, ad ali distese;

ma quando giunsero al centro di quella tumultuosa assemblea,                                            150

allora volteggiando mossero fitte le ali

e si calarono sulle teste di tutti, annunciatrici di morte;

poi, lacerandosi con gli artigli la testa e il collo,

si lanciarono a destra, sulle case e sulla città.

Si stupirono tutti, vedendo quegli uccelli,                                                                                   155

pensavano nel loro animo a ciò che sarebbe successo.

Tra di loro parlò il nobile vecchio Aliterse,

figlio di Mastore, che superava tutti i suoi coetanei

nell’osservare gli uccelli e predire il futuro.

Con saggi pensieri si alzò a parlare e disse:                                                                                160

“Itacesi, ascoltate ora quello che dirò,

parlerò soprattutto ai pretendenti:

su di loro incombe una grande minaccia,

perché Odisseo non resterà lontano a lungo; e forse

è già vicino, prepara per tutti loro un destino                                                                            165

di morte. Ci saranno disgrazie per molti altri

di noi che abitiamo Itaca assolata. Cerchiamo

di farli smettere per tempo: e anche loro,

per il loro bene, decidano di fermarsi!

Io non vaticino da inesperto: conosco bene queste cose                                                          170

e vi dico che tutto questo sta per compiersi;

vaticinavo già quando gli Argivi partirono

per Troia e con loro c’era l’astuto Odisseo.

Io allora gli dissi che, dopo aver molto sofferto e perduto

i compagni, dopo venti anni – sconosciuto a tutti –                                                                    175

sarebbe tornato in patria. E adesso tutto si sta compiendo”.

Gli rispose allora Eurimaco, figlio di Polibo:

“Vecchio, vai a casa tua e fai previsioni

per i tuoi figli: che non soffrano qualche male!

Io so interpretare queste cose molto meglio di te:                                                                    180

di uccelli ne girano tanti sotto i raggi del sole

e non tutti portano messaggi! Odisseo è morto

da tempo e così fossi morto anche tu

con lui: adesso non parleresti così, facendo vaticini;

non istigheresti ancora di più Telemaco, che è già adirato,                                                     185

aspettando qualche dono per la tua famiglia, se pure te ne farà!

Ma io ti dico quello che certamente avverrà:

se tu, che conosci tante cose e tanto antiche,

spingerai quel giovane a ribellarsi, ingannandolo,

sarà una disgrazia in primo luogo per lui,                                                                                  190

[che non potrà difendersi,]

ma anche a te, vecchio, daremo un castigo che ti sarà

doloroso pagare: sarà per te una dura sofferenza.

A Telemaco, davanti a tutti, darò io un consiglio:

imponga alla madre di tornare dal padre;                                                                                  195

lì organizzeranno il matrimonio e disporranno i doni nuziali,

quanti è giusto che accompagnino una figlia che va in sposa.

Prima che ciò avvenga, i figli degli Achei non smetteranno

il loro corteggiamento: noi non abbiamo paura di nessuno,

neppure di Telemaco e dei suoi lunghi discorsi;                                                                       200

né ci preoccupiamo dei vaticini inutili che tu fai,

vecchio, diventando ancora più odioso.

Tutte le ricchezze di Telemaco saranno dilapidate

(e non torneranno più) finché gli Achei resteranno

ad aspettare le nozze: ognuno di noi aspetta                                                                             205

e lotta ogni giorno per il privilegio di essere scelto:

non andremo da altre donne che, pure, potremmo sposare”.

Gli rispose allora giudiziosamente il saggio Telemaco:

“Eurimaco e voi altri pretendenti,

non voglio più pregarvi e parlare di queste cose:                                                                      210

già le conoscono gli Dei e tutti gli Achei.

Datemi, invece, una nave veloce e venti compagni

che partano e ritornino assieme a me.

Io andrò a Lacedemone e a Pilo sabbiosa, a cercare

notizie di mio padre, che da tanto tempo è lontano:                                                                 215

sia che me ne parlino dei mortali, sia che le ascolti da Zeus

le voci che diffondono la fama tra gli uomini.

Se ascolterò qualcosa sulla vita e sul ritorno di mio padre,

anche se tormentato da voi vi sopporterò ancora un anno;

se invece saprò che è morto, che non vive più,                                                                          220

allora appena tornato nella cara terra patria

costruirò un tumulo e gli renderò gli onori funebri

(molti e solenni, come è giusto) e affiderò mia madre ad un marito”.

Detto così, tornò a sedere; innanzi a loro si alzò

Mentore, un uomo giusto, compagno di Odisseo,                                                                     225

al quale l’eroe salendo sulla nave aveva affidato la sua casa,

perché obbedisse al suo vecchio e custodisse le sue cose.

Questi con saggi pensieri incominciò a parlare e disse:

“Itacesi, ascoltate quello che sto per dire.

Da ora in poi non sia più generoso e mite                                                                                  230

un re con lo scettro; non abbia più a cuore la giustizia;

che il re sia sempre crudele e compia azioni empie,

visto che nessuno ricorda il glorioso Odisseo,

tra i popoli di cui fu sovrano: lui che era mite come un padre.

Ma io non accuso i superbi pretendenti,                                                                                     235

che compiono azioni violente con trame malvage:

mettono a repentaglio la loro vita, mentre devastano

la casa di Odisseo, dicendo che lui non tornerà mai;

io me la prendo con il resto del popolo,

con tutti voi che rimanete silenziosi: siete in molti,                                                                 240

non affrontate i pretendenti, che sono pochi!”.

Gli rispose Leocrito, il figlio di Evenore:

“Mentore sciagurato e folle, che cosa hai detto

esortando il popolo a fermarci! È difficile

lottare contro molti uomini, opporsi ai loro banchetti.                                                            245

Se lo stesso Odisseo, tornato a Itaca,

pensasse di scacciare i pretendenti

che banchettano spensierati a casa sua

non potrebbe gioire del suo ritorno neppure la moglie,

che pure lo desidera tanto: andrebbe incontro a una morte vile,                                           250

se affrontasse da solo noi, che siamo molti! Non hai detto cose giuste.

Ma ora sciogliete l’assemblea e tornate ai vostri impegni:

Mentore e Aliterse incitano Telemaco a partire

perché da sempre sono amici di suo padre;

ma io credo che resterà a lungo a Itaca,                                                                                      255

a ricevere notizie: questo viaggio non lo farà mai”.

Così disse e l’assemblea si sciolse in fretta;

tutti si dispersero, tornando ognuno a casa sua,

mentre i pretendenti andarono a casa del glorioso Odisseo.

Telemaco, invece, si allontanò camminando sulla spiaggia;                                                   260

dopo essersi lavate le mani nel mare bianco di spuma,

pregava Atena: “Ascoltami, o Dea. Tu sei venuta nella mia casa

e mi hai ordinato di andare con una nave sul mare nebbioso

per informarmi del ritorno di mio padre, che da tanto tempo

è lontano! Gli Achei me lo impediscono                                                                                     265

e più di tutti i pretendenti insolenti e malvagi”.

Così disse pregando e Atena gli venne vicina,

prendendo l’aspetto e la voce di Mentore;

articolando la voce, gli disse parole alate:

“Telemaco, tu non sarai mai né malvagio né sciocco,                                                               270

se in te c’è la grande forza di tuo padre

e la sua capacità di agire e di parlare.

Perciò il tuo viaggio non sarà né inutile, né vano.

Se tu non fossi figlio di lui e di Penelope,

io credo che non potresti realizzare ciò che speri.                                                                     275

Pochi figli, infatti, sono simili ai loro padri:

i più sono peggiori; pochi sono migliori dei loro padri.

Ma poiché tu non sarai mai né malvagio né sciocco

e non ti manca affatto l’ingegno di tuo padre,

c’è speranza che tu possa realizzare questa impresa.                                                               280

Non preoccuparti delle idee e dei pensieri dei pretendenti,

perché sono folli: non conoscono la saggezza, né la giustizia;

e non pensano al nero destino di morte che per loro è vicino

e che presto li distruggerà tutti in un solo giorno.

Il viaggio che tu desideri fare non è lontano;                                                                             285

io sono molto amico di tuo padre:

ti procurerò una nave e ti seguirò io stesso.

Ma adesso tu torna a casa, unisciti ai pretendenti,

prepara i viveri e mettili tutti dentro dei vasi;

il vino dentro le anfore e la farina, che dà forza agli uomini,                                                  290

dentro sacchi di pelle ben chiusi. In poco tempo io raccoglierò

per te dei compagni disposti a venire; quanto alle navi,

ce ne sono molte a Itaca circondata dal mare (vecchie e nuove):

sceglierò per te la migliore; la allestiremo

in fretta e ci spingeremo sul vasto mare”.                                                                                  295

Così disse Atena figlia di Zeus; e Telemaco

non rimase ad aspettare, dopo aver udito la voce della Dea.

Si incamminò turbato verso casa

e lì vi trovò i pretendenti che, dentro l’atrio,

scorticavano capre e arrostivano maiali.                                                                                    300

Antinoo, sorridendo, andò incontro a Telemaco;

gli strinse la mano, gli rivolse la parola e disse:

“Telemaco, gran parlatore dall’ira indomabile,

non pensare più alle azioni ostili o ai discorsi adirati;

vieni a mangiare e a bere con me, come facevi prima.                                                             305

Gli Achei ti daranno tutto, navi e compagni scelti,

perché tu possa andare al più presto fino alla sacra Pilo,

per chiedere notizie del tuo splendido padre.”

Gli rispose allora giudiziosamente il saggio Telemaco:

“Antinoo, non è possibile che io banchetti con voi arroganti                                                  310

e che resti tranquillo a godere in mezzo a voi.

Non basta che in passato, quando ero ancora un ragazzo,

voi pretendenti abbiate dilapidato i miei beni, molti e preziosi?

Ora che sono un uomo, ascoltando i discorsi degli altri,

ho capito tutto: e l’ira è cresciuta dentro di me;                                                                         315

farò in modo che il triste destino vi raggiunga,

sia che vada a Pilo, sia che resti qui, in questa terra.

[Andrò; e spero che il mio viaggio non sia vano;

andrò come passeggero, poiché non posseggo una nave

né dei rematori: a voi è parso meglio così”.                                                                               320

Così disse; e strappò la mano da quella di Antinoo,

con noncuranza; dentro, i pretendenti banchettavano

e lo deridevano, lanciando insulti e parole taglienti;

qualcuno dei giovani insolenti diceva così:

“Telemaco medita una terribile strage su di noi:                                                                       325

porterà qui dei vendicatori da Pilo sabbiosa

o da Lacedemone, visto che ha tanta fretta di partire!

O forse vuole andare fino ai fertili campi

di Efira e portare da lì veleni mortali,

da versare nei crateri per ucciderci tutti!”.                                                                                330

E un altro di quei giovani arroganti diceva:

“Chissà che, viaggiando anche lui su una nave concava,

non scompaia anche lui lontano dai suoi, come Odisseo?

Così la nostra impresa sarà ancora più vantaggiosa:

divideremo tra noi tutte le sue ricchezze,                                                                                   335

daremo la casa a sua madre e a chi la sposerà!”.

Così dicevano, mentre lui andava nell’ampia stanza

dall’alto soffitto, dove si accumulavano i tesori del padre:

oro e bronzo chiusi nelle casse e tanto olio odoroso;

c’erano anche orci pieni di splendido vino,                                                                                340

dolcissimo (piene di bevanda pura),

allineati accanto al muro, nella speranza che Odisseo

tornasse a casa, dopo avere molto sofferto.

C’era una solida porta a due battenti, ben chiusa:

la custodiva notte e giorno una dispensiera,                                                                              345

che custodiva tutto con grande attenzione:

Euriclea, figlia di Opo il Pisenoride.

Telemaco la chiamò nella stanza e le disse:

“Nutrice, versami nelle anfore del vino dolce,

il migliore, dopo quello che tu conservi                                                                                      350

pensando all’infelice Odisseo, sperando che un giorno

torni qui, sfuggito a un triste destino di morte.

Riempine dodici, coprile e sigillale tutte;

riempi di farina gli otri ben cuciti:

che ci siano venti misure di grano macinato.                                                                             355

Tu sola dovrai saperlo! Sia messo tutto in un mucchio:

io verrò a prenderle stasera, dopo che mia madre

sarà salita al piano di sopra e si sarà addormentata.

Io andrò a Lacedemone e a Pilo sabbiosa, a cercare

notizie di mio padre, se per caso potrò avere notizie”.                                                             360

Così disse; Euriclea, la sua nutrice, mandò un gemito

e, piangendo, gli disse parole alate:

“Come ti è venuta questa idea, figlio mio caro?

Perché vuoi andare solo sulla vasta terra?

Il divino Odisseo, prediletto da Zeus,                                                                                          365

è morto lontano da casa, tra gente sconosciuta;

alla tua partenza, questi trameranno alle tue spalle perché

tu muoia in un tranello, mentre loro si divideranno tutti i beni.

Perciò, ti prego, resta qui accanto ai tuoi: non c’è bisogno

di patire sventure, di errare sul mare infecondo”.                                                                    370

Gli rispose allora giudiziosamente il saggio Telemaco:

“Fatti coraggio, nutrice: c’è un nume dietro questo progetto.

E giurami che non dirai niente a mia madre

prima che siano passati dieci o undici giorni

(salvo che sia stata lei a cercarmi o abbia saputo                                                                      375

che sono partito): non deve sciupare con il pianto il suo bel viso”.

Così disse: e la vecchia giurò solennemente sugli Dei;

dopo aver pronunciato tutta la formula del giuramento,

subito versò il vino nelle anfore

e riempì di farina gli otri ben cuciti.                                                                                           380

Allora Telemaco tornò nella grande sala e si unì ai pretendenti.

Intanto Atena, la Dea glaucopide, ebbe un’altra idea:

con l’aspetto di Telemaco andava dappertutto nella città,

si avvicinava e parlava con tutti,

li invitava a riunirsi la sera accanto a una nave veloce.                                                            385

Poi chiese a Noemone, il nobile figlio di Fronio,

di dargli una nave veloce: ed egli la promise volentieri.

Poi, quando il sole tramontò e tutte le strade si oscurarono,

allora spinse in mare la nave veloce, vi mise dentro

tutto ciò che può portare una nave dai forti remi                                                                     390

e la fermò all’estremità del porto. I valorosi compagni

si riunirono intorno numerosi: la Dea li incitava tutti.

[Atena glaucopide pensò anche ad un’altra cosa:]

si incamminò verso la casa del glorioso Odisseo

e, giunta lì, versava il dolce sonno sui pretendenti;                                                                  395

li urtava mentre bevevano, strappava le coppe di mano;

Allora quelli andarono in città a dormire, nessuno restava

seduto, poiché sulle palpebre era disceso il sonno.

Allora Atena glaucopide, una volta preso l’aspetto

e la voce di Mentore, chiamò Telemaco fuori                                                                            400

dalla sala assai frequentata e gli disse:

“Telemaco, i compagni dai solidi schinieri

sono già accanto ai remi, in attesa di un tuo segnale:

dunque andiamo; non ritardare la partenza”.

Detto così, Pallade Atena si mosse per prima,                                                                           405

velocemente, e lui seguì la Dea.

[…]

sulla spiaggia trovarono i compagni dalla lunga chioma;

il forte Telemaco disse loro:

“Presto, amici, carichiamo i viveri; tutto                                                                                    410

è già pronto in casa mia, anche se nulla sanno la madre

e le altre donne: ho dato i miei ordini ad una sola serva”.

Così dicendo, li guidò e gli altri lo seguirono;

portarono tutto sulla nave dai forti remi,

come aveva ordinato il figlio di Odisseo.                                                                                     415

Poi Telemaco salì sulla nave; lo precedeva Atena,

che si sedette sulla nave a poppa; accanto a lei

sedeva Telemaco. Gli altri si imbarcarono, sciolsero

le gomene e presero posto accanto agli scalmi.

Atena glaucopide mandò il vento favorevole:                                                                            420

uno Zefiro forte, che strepitava sul mare oscuro.

Telemaco ordinò ai compagni di riavvolgere

le gomene e quelli obbedirono al suo ordine;

poi alzarono l’albero di legno d’abete,

lo inserirono nell’incavo della trave, legarono intorno le funi;                                               425

issarono le vele bianche con corde di cuoio ben ritorte.

Allora il vento gonfiò la vela centrale, una grande onda

si alzava risuonando intorno alla chiglia della nave,

che ormai correva sul mare per compiere il suo cammino.

Dopo aver riavvolto tutte le funi sulla veloce nave nera,                                                         430

riempirono di vino i crateri

e libarono agli Dei eterni e immortali;

e soprattutto alla figlia di Zeus glaucopide.

La nave fece il suo percorso per tutta la notte sino al mattino.

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di Daniele Bello

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