I vaticini della völva – 1 di 2

I VATICINI DELLA VÖLVA, LA VEGGENTE[1]

LE SAGHE DEI POPOLI DEL NORD

 

Dai vaticini della völva, la «Veggente», e dalla tradizione orale degli scaldi islandesi ci è giunta questa antica leggenda sulle origini del mondo, che tenteremo di trascrivere una volta ancora a beneficio del lettore di oggi.

 

1.

LA CREAZIONE DEL MONDO

 

In principio, raccontano gli antichi, era il Ginnungagap ovvero il vasto abisso, il vuoto infinito, in cui non esistevano né dimensioni, né limiti, né alcuno dei pensieri che la mente umana è abituata a concepire;

chiunque avesse potuto contemplare l’immensità di quel nulla che sembrava eterno, in cui non era possibile discernere la luce, le tenebre e gli elementi, sarebbe forse impazzito.

Era l’inizio dei tempi

quando nulla esisteva,

non c’era sabbia né mare

né fresche onde;

non c’era la terra

né il cielo lassù,

c’era il baratro degli abissi,

ma non c’era l’erba.[2]

 

Trascorsero gli eoni, nell’immutabile inerzia, senza poter essere misurati dal movimento o dal divenire; poi, lentamente, il nulla cominciò a diventare qualcosa ed apparvero due regioni tra loro contrastanti ed opposte:

una era detta Muspellsheim, dove tutto era devastato dalla fiamma ardente, dai lapilli e da un fumo malefico, solcato da fiumi di lava incandescente; l’altra era invece detta Niflheim ed era ricoperta da ghiaccio, neve e brina e celata da una nebbia perenne.

Nel Niflheim si trovava la sorgente di Hvergelmir. Da essa ebbero origine fiumi intrisi di un veleno mortale, chiamati dagli antichi Elivagar.

Per millenni le due regioni poste agli estremi dell’universo si fronteggiarono senza mai sfiorarsi, l’una eruttando scintille e gas incandescente e l’altra prigioniera nel suo silenzioso deserto di freddo.

Quando il Muspellsheim e il Niflheim giunsero una di fronte all’altra, accadde ciò che neppure gli dei riuscirono mai a spiegare: il contatto tra l’acqua purissima e la scintilla del fuoco provocò una terribile esplosione, da cui nacque il miracolo della vita.

Il regno del ghiaccio e del fuoco si mescolarono tra loro e plasmarono il corpo di un gigante; quanti discendono dalla sua stirpe, lo chiamarono Aurgelmir, ma gli dei lo conoscono con il nome di Ymir.

Per lungo tempo, il gigante giacque addormentato in quel miscuglio caotico che era ancora l’universo primordiale; infine, il suo corpo si solidificò e cominciò a sudare; dai suoi umori nacque la progenie dei mostri e dei giganti, poiché essi erano impregnati del veleno degli Elivagar.

In quel tempo, inoltre, la solidificazione delle acque che percorrevano il Niflheim formò il corpo di una grande mucca, che gli dei e i giganti denominarono Audhumla e che nella lingua arcana dei nostri progenitori vuol dire la “Grande Nutrice”; leccando il ghiaccio Ella plasmò le fattezze di un uomo grande e possente che gli dei chiamarono Buri e che è l’antenato di tutte le stirpi divine.

Ymir, scultura di Einar Jónsson

Buri ebbe un figlio cui diede il nome di Borr, che nel sacro linguaggio delle rune vuol dire semplicemente il Nato; Borr sposò la figlia di un gigante della stirpe di Ymir ed ebbe tre figli che vennero chiamati Odino (che i Germani invocarono con il nome di Wotan), Vili e Ve.

Tutti gli esseri che abitavano allora l’universo avevano preso forma nel Ginnungagap, ma alcuni di essi erano permeati del veleno di Elivagar e perciò inclini al male, mentre altri ne erano immuni e quindi volti verso il bene.

Non trascorse quindi molto tempo prima che le forze del bene e quelle del male venissero coinvolti in un conflitto cosmico.

I figli di Borr vennero a battaglia con il possente Ymir e, a seguito di un furioso e cruento combattimento, essi infine lo uccisero.

Quando il gigante ancestrale cadde esanime sotto i mortali colpi dei suoi nemici, il suo sangue sgorgò dalle molte ferite e sommerse completamente i suoi figli, che perirono annegati; solo il più giovane di questi, Bergelmir, riuscì a salvarsi con la sua compagna e riparò nel Niflheim: da loro derivò la razza dei terribili giganti e degli orchi delle colline.

Odino, Vili e Ve trascinarono la carcassa del gigante nel mezzo del Ginnungagap e con essa plasmarono la terra, i monti, e le colline; con il suo sangue essi formarono il mare, dalle sue ossa vennero ricavate le rupi e le rocce.

Il sacrificio di Ymir

Dalla carne di Ymir fu fatta la terra,

dal suo sangue il mare,

dalle ossa le montagne,

gli alberi dalla chioma,

dal cranio il cielo. [3]

 

Dai capelli di Ymir essi forgiarono i boschi e i cespugli, mentre con la calotta cranica dell’essere primordiale Odino, Vili e Ve formarono la volta del cielo: essi catturarono le scintille ardenti della Muspellsheim e le posero agli angoli dell’universo, per fissare le costellazioni a scandire in eterno l’ordine del tempo e dello spazio.

Infine, Odino e i suoi fratelli presero le ciglia del gigante e cinsero una difesa di mura attorno alla terra per proteggerla dai giganti, cui venne dato il nome di Midgard (che significa “Recinto di mezzo”).

Fu quello il primo fatale scontro tra il Bene e il Male, che si risolse con la vittoria schiacciante tra le forze non contaminate dall’ancestrale veleno degli Elivagar;

le profezie, tuttavia, ci dicono che verrà un giorno in cui gli dei saranno chiamati nuovamente a fronteggiare i giganti che verranno dalle regioni del ghiaccio e del fuoco a combattere una guerra senza fine che si risolverà solo con la sconfitta definitiva di uno dei contendenti.

In quel giorno, cui le sacre rune fanno sovente cenno e per il quale gli indovini usano già il sinistro nome di Ragnarök, ognuno di noi sarà chiamato a prendere parte per l’una o per l’altra fazione e l’apporto che verrà dallo spirito guerriero della razza umana sarà decisivo.

 

2.

GLI ESSERI VIVENTI

L’albero cosmico e i nove mondi

Un giorno i figli di Borr stavano passeggiando nel Midgard che avevano appena creato e giunsero presso una spiaggia; qui trovarono due alberi: li plasmarono e ne crearono gli uomini.

Odino diede loro spirito e vita, Vili saggezza e movimento, mentre Ve diede loro la forma, la parola, l’udito e la vista; le tre divinità offrirono in dono anche vesti e nome. L’uomo venne chiamato Frassino e la donna Olmo; da loro fu generata l’umanità cui fu data dimora nel Midgard.

Subito dopo i figli di Borr costruirono una fortezza nel mezzo del mondo; essa è detta Asgard e lì eleggeranno dimora gli dei e le loro famiglie (gli Æsir):

da qui provengono inoltre le decisioni e gli eventi che mutano il destino del cielo e della terra; ivi si trova l’altro trono di roccia, su cui Odino sta seduto e dal quale osserva tutto il mondo e le creature viventi e comprende tutto ciò che vede.

I nani, invece, avevano preso vita nella carne di Ymir, come dei vermi; ma per decisione degli dei essi divennero intelligenti come gli uomini e presero dimora nella terra tra le pietre.

Sconosciuta è invece l’origine degli elfi, i cui mondi si trovano appena al di sotto di quelli degli dei e dei semidei.

Nello Jötunheim venne a stabilirsi la orribile stirpe dei giganti scampata al massacro ordito dai figli di Borr; i giganti del fuoco, invece, guidati da Surt dalla spada fiammeggiante, trovarono dimora nella regione di Muspellsheim.

Odino

Viveva nello Jötunheim un gigante chiamato Nörfi; questi aveva una figlia scura e bruna come la sua stirpe e venne chiamata Notte;

ella andò in sposa a Delling, della stirpe degli dei, bello e splendente (secondo alcuni, infatti, Delling vuol dire appunto “il luminoso”): il loro figlio era biondo e splendente come il padre e venne chiamato Giorno.

Allora Odino diede a Notte e a Giorno due pariglie di destrieri e due carri e li pose in cielo, affinché corressero attorno alla terra ogni ventiquattro ore; per prima cavalca Notte con i suoi cavalli, che ogni mattina fanno gocciolare sulla terra la bava che bagna il loro morso; poi segue Giorno così che il cielo e la terra sono illuminati dal suo splendore.

Per punire la superbia di un mortale, il quale aveva avuto la presunzione di ritenere i propri due figli più belli degli astri, gli dei stessi rapirono i due fanciulli e li condussero in cielo:

la femmina, Sole, venne chiamata a condurre uno dei cavalli che tirano il carro di Giorno, mentre il maschio, Luna, fu posto in groppa al primo destriero di Notte;

poiché il tragitto di Luna è più complesso, i due bambini Bil e Juki lo aiutano nel suo percorso e calando un velo sopra il suo viso creano le fasi lunari.

Essi tuttavia, dopo la fine dell’età dell’oro, proseguiranno la loro corsa molto più rapidamente, per sfuggire da due lupi della odiata stirpe di Loki, che inseguono senza scampo i due carri.

Fra gli dei, infatti, viene annoverato anche quello che alcuni chiamano il signore degli inganni ovvero la rovina degli Æsir;

questi è Loki, della stirpe dei giganti: intelligente, bello a vedersi, malvagio di animo, mutevole nel comportamento, sempre pronto ad escogitare malizie di ogni genere; anche se il suo sguardo poteva comunque apparire sereno ad affascinante per chi lo osservava, gli occhi ne rivelavano l’animo oscuro.

Loki si era invaghito di una strega della stirpe degli orchi, chiamata Angrboda; poiché essa aveva un influsso malefico su chiunque le fosse vicino, gli dei la attirarono con l’inganno presso la loro dimora nell’Asgard e la bruciarono viva;

ma Loki frugò tra le sue ceneri e trovò all’interno il cuore di Angrboda che ancora pulsava e l’inghiottì; subito sentì il malefico influsso della strega dentro di lui e fuggì nelle terre oscure, dove il signore degli inganni si unì con l’essenza vitale di Angrboda e diede alla luce tre figli.

Il primo mostruoso figlio di Loki fu il lupo Fenrir, il capostipite della razza dei lupi.

Fenrir

Il secondo figlio fu un enorme serpente, dalle proporzioni colossali, che in breve tempo circondò con le sue spire l’intera terra degli uomini;

Odino fece ricorso a tutti i suoi poteri per scagliarlo in mare e lì egli giace tuttora, avvolto attorno alla terra, con la coda imprigionata tra le proprie fauci, cosa che gli impedisce di crescere ulteriormente;

alcuni marinai raccontano di avere scorto alle volte le spire di Jörmungand, il Serpente del Mondo, e di essere fuggiti terrorizzati.

Jormungand

Il terzo figlio di Loki fu una donna dall’aspetto orribile a vedersi: ella venne chiamata Hel, dallo sguardo severo e feroce, per metà nera e per metà color carne;

Hel venne gettata nel mondo degli inferi affinché regnasse su quanti finiscono tra le grinfie delle forze del male prima del trapasso:

Hel vive in una dimora dai muri straordinariamente alti e dai cancelli robusti, guardata a vista dal cane Garm, che si ciba delle carni degli uomini che muoiono.

Hel

Di Fenrir si invaghì una strega abitante del Bosco di Ferro (Jarnvid) e con lui generò due lupi enormi e terrificanti, che le forze del male scagliarono in cielo a minacciare il percorso del Giorno e della Notte;

uno di essi ha nome Skoll, impaurisce ed insegue il cavallo del Sole, mentre Hati non smette di dare la caccia alla Luna.

 

All’est sta una vecchia

in Jarnvid

e là genera

i figli di Fenrir;

viene fuori da essi uno

che distruggerà la luna

ha l’aspetto di un gigante […].

Si offuscherà lo splendore del sole

di estati venture,

tutto si fa spaventoso.[4]

[1]    VÖLUSPÁ (“I detti di colei che vede”), Padova, Edizioni Il cerchio – Il corallo, 1983. Si veda anche BRANSTON, Dei ed eroi della mitologia vichinga, Milano, Mondadori, 1981; ISNARDI, I miti nordici, Milano, Longanesi, 1996.
[2]    VÖLUSPÁ, ibidem, p. 18.
[3]    EDDA DI SNORRI, Milano, Rusconi, 1975, p. 72.
[4]    EDDA DI SNORRI , ibidem, p. 77.

 

 

 

di Daniele Bello

Settembre 19, 2017

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