Una cassa per Mr. Bloom

Mr. Bloom

Mr. Bloom entrò nell’agenzia di pompe funebri una torrida mattina d’estate. In fondo alla stanza arredata da feretri messi all’in piedi contro le pareti, stava una solida scrivania di quercia.

L’uomo che vi sedeva pareva molto impegnato. Stava esaminando certi fogli con la fronte corrugata e non si era accorto di non essere più solo.

Quando Mr. Bloom scostò una sedia, l’uomo sobbalzò e il cipiglio si spianò all’istante.

«Mi perdoni», fece Mr. Bloom, «non volevo spaventarla.»

«Non importa», rispose l’uomo, visibilmente imbarazzato. «La gente pensa che uno che fa il mio mestiere non abbia paura di nulla, ma non è così», disse quasi a giustificarsi.

Con un gesto indicò una delle sedie dal lato di Mr. Bloom. «Prego, si accomodi.»

Mr. Bloom sedette.

«Come posso aiutarla?»

«Voglio una bara. La più bella e comoda che ha.»

«C’è una vasta scelta, come può vedere», disse l’uomo spaziando con il braccio e disegnando un arco da sinistra a destra. «E tutte molto belle. Quanto a comodità, nessuno si è mai lamentato.»

Sghignazzò della battuta. Mr. Bloom restò serio.

«Vorrei che alla cerimonia di sepoltura i presenti dicessero qualche parola per onorare la memoria del defunto.»

«Non c’è problema. Lo comunicherò al prete personalmente.»

«Benissimo», fece Mr. Bloom soddisfatto.

«Chi è il defunto?» chiese l’uomo.

«Ce l’ha davanti.»

L’uomo si accigliò. «Prego?»

«Sono io il defunto.»

«È uno scherzo?»

«Nient’affatto. Mi sono sempre chiesto quanti sarebbero venuti a rendermi omaggio e cosa avrebbero detto nel sapermi disteso in una cassa.»

«Non credo che una cosa del genere sia…»

«Pagherò tutto in contanti, faccia lei il prezzo.»

L’uomo ci pensò su qualche attimo. Alla fine disse: «D’accordo.»

«Perfetto», si compiacque Mr. Bloom. «Vogliamo scegliere la cassa?»

L’uomo si alzò e fece strada. «Da questa parte. Ci sono molti modelli che fanno al caso suo.» Squadrò Mr. Bloom dalla testa ai piedi. «Per un omone come lei sarà necessario farne una su misura», meditò. «Verrà a costare un po’ di più.»

«Non importa», fece Mr. Bloom.

Gli occhi dell’uomo brillarono di una sordida luce. «Eccellente», disse conducendo Mr. Bloom davanti ad una cassa di lucido legno levigato. «Questa è in assoluto la più bella. Una vera sciccheria. Guardi che imbottitura.»

Mr. Bloom tastò l’interno foderato di morbida seta. «Sembra comoda.»

«Lo è, lo è.»

«La prendo.»

«Bene, dopo provvederò a prenderle le misure. Se adesso vuole seguirmi… resta da accordarsi su certi dettagli.»

Finirono di discutere i dettagli alla scrivania. Mr. Bloom sembrava molto soddisfatto. Si alzò e strinse la mano all’uomo con slancio e vigore inaspettati per uno prossimo al proprio funerale.

«A domani», disse l’uomo.

Mr. Bloom lo salutò e uscì dal negozio sorridendo.

Il mattino seguente si presentò alla buon ora. L’uomo stava lucidando una cassa. Quando lo vide entrare, mollò tutto e lo raggiunse.

«È tutto pronto», informò Mr. Bloom. «Vuole vederla?»

«Non ci ho dormito.»

«Venga», disse l’uomo.

Condusse Mr. Bloom nel laboratorio adiacente alla sala di esposizione. La cassa poggiava contro la parete piastrellata, all’in piedi, come le casse nella sala d’esposizione.

«Che gliene pare?»

«Meravigliosa», disse Mr. Bloom ammirato.

L’uomo gongolò. «Se vuole provarla…»

Mr. Bloom si sistemò all’interno della cassa e incrociò le braccia sul petto. «Davvero comoda», commentò.

«Non resta che un’ultima cosa.»

«Cosa?» chiese Mr. Bloom.

«Devo truccarla», disse l’uomo. «Se la cassa deve restare aperta durante la funzione, non può presentarsi così. Una mano di trucco è quel che ci vuole. La farò pallido quanto basta da rendere l’illusione perfetta.»

«Se è proprio necessario…»

«Lo è. Quello che ha indosso è il vestito con cui vuole essere seppellito?»

«Proprio quello.»

«Può andare», valutò l’uomo. «Si stenda qui un attimo», disse indicando il tavolo in acciaio che dominava il centro della stanza.

Mr. Bloom venne fuori dalla cassa come un vampiro che si risvegli dal suo sonno e si distese sul tavolo da lavoro.

L’uomo gli passò del cerone su viso, collo e mani usando un tampone d’ovatta.

«Sembra proprio morto», commentò l’uomo quando ebbe finito.

«Crede che verranno in tanti?» domandò Mr. Bloom con una punta di ansia.

«Sono sicuro di sì.»

«E piangeranno?»

«Oh sì, piangono sempre.»

Mr. Bloom parve rasserenarsi.

* * *

La cassa poggiava su due sostegni, aperta come Mr. Bloom aveva richiesto. Gli affranti sciamavano, attardandosi a porgere l’ultimo saluto al defunto.

Mr. Bloom udiva tutto e faticava a restare immobile come l’uomo gli aveva raccomandato. Quando sul pulpito salì uno dei suoi più cari amici e si lanciò in un’oratoria commovente, le labbra di Mr. Bloom tremarono per la commozione, ma Mr. Bloom fu lesto a fermarle.

Molti parlarono, alcuni con slancio che Mr. Bloom non si sarebbe mai aspettato.

Quando era in vita non gli avevano mai dimostrato l’affetto che dicevano di provare in quel momento.

Alla fine il prete chiese che la cassa fosse richiusa. Un’ombra calò su Mr. Bloom. Le serrature scattarono e il non-morto sollevò le palpebre.

Sollevarono la cassa e Mr. Bloom finalmente poté sorridere. Non si aspettava una così nutrita affluenza. Era molto soddisfatto.

Udì la cassa che scivolava, poi una vibrazione e alla fine la messa in moto di un motore. Capì che dovevano averlo caricato sull’auto. Si rilassò.

Il movimento dell’auto lo cullava e la cassa era davvero comoda. Così comoda che avrebbe potuto dormir…

Una serie di tonfi lo destò dal sonno. Sbatté le palpebre. Si trovava ancora nella cassa. L’uomo gli aveva detto che a un certo punto del tragitto si sarebbe fermato e lo avrebbe fatto uscire.

Un tonfo sul coperchio della bara lo fece sobbalzare.

«Cosa…?»

«Mel! Vieni a darmi una mano!» urlò una voce distante anni luce.

«Sto finendo di seppellire questo!» fu la risposta, ovattata ma più vicina della precedente.

«Non va da nessuna parte quello, mi servi qui e adesso!»

Mentre i passi sopra di lui si allontanavano, una consapevolezza adamantina si impadronì di Mr. Bloom. Lo stavo seppellendo vivo come in un racconto di Poe. Iniziò a picchiare i pugni sul coperchio e a gridare come un ossesso.

«Tiratemi fuori! Non sono morto! Voglio uscire di qui!»

Gridò per un tempo interminabile, finché la scorta di ossigeno non si esaurì. Allora ebbe un mancamento e svenne.

* * *

«Era un così brav’uomo.»

«Lo conoscevi?»

«No, ma parlavano talmente bene di lui, in chiesa, che doveva esserlo per forza.»

«Cosa gli è successo?»

«Non si sa. Forse il caldo. È l’estate più torrida degli ultimi vent’anni.»

«E questo qui di fianco? È fresco anche lui.»

«Era quello che lo stava portando al cimitero. Pare gli sia venuto un colpo mentre guidava.»

«Gesù!»

«A proposito, se non vogliamo incontrarLo a breve, ci conviene tirarci via da questo caldo.»

Le due vecchie comari si allontanarono, l’una sotto il braccio dell’altra, e uscirono dal cimitero.

di Gaetano Russo

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