Donne Maledette 13/13

XIII – Giulia

Donne Maledette 13

Bambino mio, ti vorrei raccontare una storia per prepararti al mondo cui tra qualche giorno dovresti appartenere anche tu, per mia colpa, ma se mi guardo intorno non vedo che miseria, non parlo di povertà, piccolo fiore, parlo di miseria umana, di mancanza di sani principi, di quei valori che mi hanno fatto ciò che ora sono.

Vedi, gioia, potrei anche provare a trasmetterteli quei valori, ma so già che farebbero di te un essere spaesato tal quale adesso sono io. Ti sentiresti un pesce fuor d’acqua…, peggio, un pesciolino che nuota in acque opache e putrescenti.

Non ti voglio spaventare, passerottino, né credere che stia esagerando per prepararti al peggio perché di peggio non so se ce ne sia ancora né tantomeno ti voglio preparare a qualcosa.

Se volessi restare, potrei raccontarti la storia dell’uomo primitivo che viveva in un mondo pulito e onesto, ma come finirebbe il racconto se non che poi quell’uomo si è guardato intorno e s’è cibato tutti gli animali più mansueti ed è fuggito di fronte a quelli più forti? Che ha sradicato alberi e bruciato intere foreste?

Potrei anche raccontarti di figure leggendarie, di imperatori vittoriosi, di conquistatori… però finirei col dirti che nessuno di essi si è guardato dall’uccidere i propri simili per prendersi tutto né ce non si è fatto scrupolo di ridurre in schiavitù le popolazioni conquistate o stuprare le donne o  sodomizzare i bambini calpestando le loro leggi in nome di una civiltà tutta propria.

Altrimenti potrei raccontarti di fate, maghi e folletti buoni, ma ti chiedo, vuoi davvero che ti prenda per il naso? Qui non esiste nessuno di loro, amore dolce, in questo lato del mondo si trovano solo fatti di carta e vivono chiusi nei libri di poveri scrittori delusi dalla vita e prossimi alla pazzia.

Loro vi hanno trovato rifugio in quelle storie costruendo per i propri lettori dimore costruite con fumo e polvere di stelle, ma noi non ci lasceremo accecare da quel fumo né dalla polvere, vero angelo caro? Ci soffieremo sopra per spazzarli lontano, verso chi vuole chiudere gli occhi e credere alle chimere.

Che mi resta da raccontarti, allora, piccolo fiore? Che anche il cielo è sporco? Che l’aria è irrespirabile? Che anziché giocare alle signore, adesso le bambine giocano da sole con uno stupido oggetto di plastica? Che i genitori non parlano più con loro perché credono, sciocchi, che i bimbi preferiscano vestiti e scarpe nuove piuttosto che carezze e baci?

Te ne darei di baci io, pesca catullina, a mille a mille, a cento a cento e poi ancora mille e ancora cento, ma non ne avrai da me né da altro alcuno perché, ne sono certa, che non basterebbero quei baci a proteggerti da questa miseria sanguinante dolore e lacrime.

Sei pronta, allora, stella alpina? Su, stringiti a me come faccio io tenendoti forte, sarà lieto e lieve il nostro volo, basterà fare un passo oltre lo steccato, poi voleremo leggeri come quei falconi finché la terra non ci abbraccerà nel suo morbido grembo.

Addio colibrì senza ali, tra poco dormiremo insieme e ci risveglieremo fra folletti buoni, maghi e fate risparmiati dalla penna egoista di qualche scrittore.

Tu non sai quel che lasci né lo potrai mai sapere, ma credimi, qualsiasi cosa troveremo nel nostro altrove, sarà migliore di questo.

Mamma.

Donne maledette
storie, poesie, pazzie
di Vespina Fortuna

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