Donne Maledette 7/13

VII – Fathma

Donne Maledette 7

Caro nonno,

dopo il piccolo Aamir sei quello che lascio con più dolore perché provo tanta pena per te che hai sacrificato la tua vita, lasciato la patria, abbandonato casa e amici convinto che qui in Europa avremmo trovato la felicità.

Che sbaglio, nonno! Come hai potuto pensare una simile sciocchezza?

Quest’infedeli, questi ipocriti, questi vigliacchi senza spina dorsale non avrebbero mai potuto farci felici! Che mondo c’è da questa parte?

Di quali valori si nutre qui la gente? Non ti senti a disagio in tanta blasfemia? Tu non provi lo stesso mio odio nel vederli battersi il petto e peccare il momento dopo?

Oh, nonno caro, come li odio! Odio la loro cultura, la loro religione, la loro superficialità nel mettere in discussione l’esistenza di Dio o nel bestemmiarlo, il loro amore per tutto ciò che io trovo inutile, malvagio, peccaminoso!

Qui le donne sono emancipate, dicono, mai fu detta cosa più ingannevole!

Non è uscire a capo scoperto che ci rende emancipate, non è andando vestite come puttane che si diventa libere!

La mia felicità è sotto un pesante velo, caro nonno, perché non è importante ciò che mostri ma quel che sei dentro!

E’ il restare attaccati alle tradizioni a renderci felici non il cercare di scimmiottare ciò che fa questo popolo che non ci appartiene!

Non vedi il babbo e la mamma come si sono ridotti?

Non ti accorgi che si parlano a malapena quando s’incontrano?

Si sono emancipati loro: uno fa il turno di notte all’ospedale, l’altra lavora di giorno in albergo; si aspetta tutti la domenica per stare un poco riuniti e invece il babbo si guarda la partita e la mamma prepara il cibo per la settimana a venire.

Alla sera siamo tutti così infelici della nostra vita che ce ne andiamo a letto per non pensarci.

Sai nonno, non te ne faccio una colpa, so che tanti anni fa hai preso questa decisione a fin di bene, adesso però io rivoglio la mia vera identità, quella che mi è stata strappata alla nascita.

Qui nessuno sa neppure pronunciare il mio nome e se pure glielo ripeto mille volte non importa io sono Fetma, Fatima, Fitamma o mille altri nomi inesistenti.

Lo sai, nonno, perché ti chiedo sempre di raccontarmi qualcosa e non m’importa se l’ho già sentita altre cento e cento volte?

Perché temo di dimenticare le storie della nostra gente, sentirti parlare della nostra vera casa mi scalda il cuore e mi fa sentire al sicuro.

Caro nonno, ormai è deciso, parto! Torno indietro rifacendo la strada che ho solo percorso col cuore e mai con le gambe.

Parto lasciando questa famiglia per cercarne una nuova e lasciandoti mio figlio affinché tu te ne prenda cura come hai fatto con me e con i miei fratelli.

Racconta anche a lui le storie che hai raccontato a noi e insegnagli l’orgoglio del nostro popolo.

Là c’è già qualcuno ad aspettarmi, persone vere, combattenti arditi, uomini e donne pronti ad accogliermi con tutti i miei difetti e i miei pregi.

Là nessuno mi giudicherà per altro se non per ciò che farò e che dirò, ci sarà un velo a coprirmi il volto e per la prima volta saprò che significa portarlo senza che nessuno si volti curioso a guardarmi.

A loro mostrerò solo i  miei occhi  verdi e tutti potranno immaginarmi persino più bella di come sono.

Vedi caro nonno come sto marcendo? Ti parlo di me pensando alla bellezza esteriore proprio come questi stupidi europei ci hanno insegnato. Qui tutto è effimero, è vacuo e scorre via in un attimo senza nemmeno darti il tempo di capire se sia buono o cattivo.

Non sei felice per me che parto e mi salvo da tanto marciume? Non t’inorgoglisce sapere che tornerò nella terra dove tutti parlano la nostra lingua, dove c’è un unico Dio e nessuno si chiede della sua esistenza?

Caro nonno, spiega tu a mio figlio com’è il mondo che abbiamo lasciato e dove io ho preferito tornare, racconta anche a lui le stesse storie che hai detto a me e insegnagli a parlare la nostra lingua, ad amare il nostro Dio, a separare il bene dal male.

Io non posso farlo, devo andare a combattere per cambiare questo sciocco mondo per me, per lui e anche per te anche se sei così vecchio e stanco.

Distruggerò la sciocca cultura del passato, brucerò i libri e le bandiere che odio, imbraccerò le armi per sterminare i blasfemi e, caro nonno, se sarà necessario mi immolerò per la causa. Sono pronta, è arrivato il momento di lasciarti.

Non tentate di fermarmi, il mio destino è già segnato!

Fathma

Bambino mio, da domani vivrai solo coi nonni. Te lo scrivo perché sei ancora troppo piccolo per capire, ti lascio queste mie ultime parole perché un giorno tu possa leggerle e tenerle strette o bruciarle al fuoco.

Le metterò in fondo al cassetto, cucite in una tua vestina affinché nessuno possa  vederle  finché non sarò  già troppo lontana per tornare indietro.

Amore mio, nessuno può dirmi se questa sia la scelta giusta, io però ho preso la mia decisione: ti lascerò qui e poi partirò per servire il mio Dio.

Lo faccio anche per te, gioia mia, perché già so che non sarò una buona madre perché ti ho tenuto in grembo fino ad oggi mangiando pane e odio perché tuo padre, figlio caro, ci ha lasciati temendo che la sua famiglia europea non ci accettasse.

Tesoro caro, ho il cuore così traboccante veleno che ho persino paura di nutrirti col mio latte, ti lascio a chi saprà crescerti meglio e con più amore, credimi è meglio che parta e che tu te ne resti qui nelle sapienti mani di mia madre e del vecchio nonno.

Ricordati che su loro potrai sempre contare, del nonno poi puoi fidarti ciecamente e svelargli ogni tuo segreto. Fatti raccontare le sue storie meravigliose e lascia andare la tua fantasia affinché anche da qui ti sentirai vicino a me, dall’altra parte del mondo.

Io parto adesso, vado a riversare altrove il mio veleno, lo regalo al mio popolo che lo chiede e ne ha bisogno.

La tua mamma domani volerà lontana, chissà che resterà di me nei tuoi ricordi?

Il mio odore, il colore dei miei occhi, il mio sorriso amaro, il sapore acido del mio latte?

Un giorno sono certa che ti chiederai perché ti ho messo al mondo se poi volevo lasciarti solo, non posso risponderti se non che quando eri solo un piccolo seme io non sarei voluta partire né immaginavo di lasciarti, ma Dio non ha voluto che prendessi questa direzione, è un’altra la mia meta.

Bambino caro, non puoi capire adesso e forse  non capirai mai: Dio è dentro di noi, se non sai cercarlo resterà là nascosto per sempre, come il cuore che batte e il sangue che scorre sempre in circolo.

Ti chiederai se, lasciandoti, non dimostri di amare più Lui di te, figlio mio, sangue del mio sangue, occhi dei miei occhi, ti prego, non chiedertelo, Dio mi chiama, non posso che ubbidire.

Addio bambino caro, ti lascio, fatti grande e bello, sii sempre orgoglioso di te, della tua cultura e del tuo Dio, sii forte e coraggioso e non perderti mai fra la vacuità di questa gente.

Addio piccolo fiore, addio uccellino, addio granello di sabbia.

Addio per sempre.

La tua mamma.

Donne maledette
storie, poesie, pazzie
di Vespina Fortuna

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