La sciamana – parte 1 di 4

LA SCIAMANA

 Josè Manuel Sanchez era arrivato a Londra dal lontano Messico. Aveva vinto una borsa di studio per continuare gli studi a Cambridge, dove c’erano i migliori professori che s’interessavano della sua materia preferita, Antropologia, nella sezione superstizioni e i fenomeni paranormali legati alla psiche umana.

Dopo aver frequentato l’università in America si era reso conto che da quelle parti non avevano un’adeguata  tradizione di studi sulla materia, mentre in Europa era conosciuta già da secoli ed era ancora seguita con interesse.

Si era iscritto al corso con la ferma volontà di apprendere quanto più possibile in materia, e cercare così di spiegare, una volta tornato in patria, le quantità di fenomeni che accadevano tutti i giorni dalle sue parti.

Una parte di questi eventi inspiegabili lo ammetteva, forse, erano solo delle fantasie di persone con qualche problema intellettivo.

In Messico come in quasi tutti i paesi del sud sono ancora vive le credenze popolari, le superstizioni che contribuiscono in maniera notevole a mantenere le popolazioni in uno stato di arretratezza nei confronti delle più libere e evolute nazioni del globo.

Manuel alloggiava in una stradina poco lontano da Trafalgar square. Abituato a vivere da solo e in libertà, poco gradiva condividere la sua intimità con altri. Era un tipo scontroso, chiuso ai rapporti facili. Passava la maggior parte della sua giornata a osservare gli altri. Ogni occasione era buona per  studiare i comportamenti della gente.

Sceglieva sempre un posto leggermente rialzato per poter avere una visione più larga possibile sui movimenti di persone. Lui le osservava e poi era in grado di stabilire le caratteristiche peculiari di ognuna, gli studi miravano proprio a questo: verificare i comportamenti della popolazione giovanile.

Londra con la sua mescolazione di razze era una ottima finestra cosmopolita per osservare  la gente. I suoi antichi palazzi, le viuzze strette e rimaste ancora come centinaia di anni fa, autorizzavano scenari conosciuti attraverso la letteratura e la cinematografia.

Il suo immancabile taccuino era sempre a portata di mano. Prendeva appunti di continuo salvo poi confrontare gli stessi con le ricerche che faceva in biblioteca su fatti non recenti, gli serviva per dare un senso cronologico ai comportamenti della popolazione. Verificarne gli sviluppi  che questi cambiamenti arrecavano.

Erano mesi ormai che si era impiantato a Londra e  la sua vita aveva preso un suo iter ben preciso. La mattina dedicata agli studi, il pasto centrale di norma era quasi sempre sbrigativo. Per sua fortuna c’erano un paio di ristorantini che facevano cucina dei paesi del sud America.

Lui non gradiva molto come la maggior parte dei ragazzi londinesi i Mc Donald o le friggitorie ambulanti che propinavano dei fish and chips che non avevano nessuna parvenza di genuinità.

Aveva scelto di consumare i suoi pasti nei pressi di un parco,  dove lui mangiando poteva osservare i vari movimenti di persone che si accalcavano in una vicina paninoteca di Mc Donald. Quale migliore vetrina e punto di osservazione per rendersi conto degli usi e costumi dei giovani suoi coetanei.

Aveva scelto una panchina del parco, semi coperta da cespugli e da un grande albero che le faceva da paravento. Aveva imparato a riconoscere dei clienti tipo, personaggi abitudinari. C’era ragazzo sportivo, patito dello jogging che tutti i giorni passava nel parco in tuta e scarpe da corsa, poi c’era la massaia di colore che abitava due strade dopo quella dove c’era il negozio, veniva a prendere due happy meal per i suoi ragazzini; il vecchio pensionato che ogni giorno pendeva il suo sacchettino con il panino e si ritirava nel parco in una panchina isolata a consumare il suo pasto, probabilmente l’unico della giornata.

Tutti i giorni compivano gli stessi gesti, percorrevano lo stesso tragitto. Da quella panchina lui osservava lo scorrere della vita per capire i comportamenti e le abitudini dei giovani. Una paninoteca era il luogo ideale, un continuo flusso di ragazzi e pochi adulti. Lui era lì tutti i giorni a prendere appunti.

La tesi che stava preparando già da adesso la voleva esaustiva e completa. Successe che durante i suoi appostamenti incrociò una ragazza che vide per la prima volta. Non sembrava affatto il prototipo della ragazza inglese, biondina, esuberante e ridanciana, ma piuttosto una della sua stessa etnia.

Era alta oltre la norma per una ragazza, magra e pallida. Un viso spigoloso con angoli netti, triste, occhi grandi e sembravano senza vita spenti. Capelli neri  e voluminosi. A vederla la classificò come una che poteva essere di origini maya. Quella pelle appena scura e lucida era simile alla sua, che era messicano.

La vide e la segnò sul taccuinom riportanto l’orario di arrivo; la vide entrare poi si distrasse per segnare altre presenze e si dimenticò di lei. Fu sorpreso, quando non avendola vista uscire dalla paninoteca, se la trovò davanti all’improvviso. Era venuta a sedersi vicino a lui sulla panchina.

Manuel rimase in silenzio, non disse niente, si scostò solo un po’ per farle posto. Lei stette a fissare il vuoto come se fosse in trance, restò così per circa dieci minuti poi si alzò e se ne andò non degnando di uno sguardo l’allibito Manuel, che restò di sasso.

Quell’apparizione aveva scombussolato non poco le certezze acquisite fino a quel momento. Che personaggio era quella ragazza? La domanda lo tormentò per tutto il giorno e anche la notte. Non vedeva l’ora di tornare alla panchina per avere delle risposte ai suoi dubbi.

Alla solita ora lui era già in postazione, guardò la nota sull’orario di arrivo e vide che mancavano pochi minuti. La ragazza avrebbe rispettato lo stesso orario? Questa volta non voleva perderla di vista nemmeno un attimo, se lui non l’aveva vista uscire dal Mc da dov’era sbucata fuori?

Era in postazione già da un po’, quando lei apparve nel suo raggio d’azione. Indossava gli stessi abiti del giorno prima. Arrivò camminando come sulle nuvole leggere con passo etereo, entrò direttamente dentro senza guardarsi intorno. Manuel aspettò che uscisse, ma i minuti passavano e lei non usciva. La cosa era strana, in genere per ordinare un panino e anche mangiarlo all’interno non si superano i dieci minuti.

Era trascorsa più di mezz’ora e la ragazza non usciva, stava pensando di entrare a sua volta, ma desistette, se lei se ne fosse andata lui l’avrebbe persa di vista.

Stava spazientendosi quando la vide uscire dalla porta di un piccolo negozietto che era proprio di lato al Mc. Occupato a osservare i ragazzi non si era accorto della presenza di quel negozietto, dall’insegna era un orologiaio. La cosa lo stupì non poco, si chiedeva come faceva una ragazza a entrare in una paninoteca e uscire dopo quasi un’ora dal negozio di  un orologiaio.

Che c’era sotto, possibile che le due attività avessero un qualcosa in comune, una sorta di uscita d’emergenza? Certo che era strano. La ragazza come l’altra volta come se fosse in trance venne a sedersi vicino a lui senza guardarlo.

Questa volta lui era deciso a chiarire se possibile la situazione si accostò a lei che non fece nessun segno di scostarsi e le chiese:

 “Ciao, anche ieri sei venuta a sederti qui, è il tuo posto preferito? Anche io vengo tutti i giorni qui a osservare. Permetti io mi chiamo Manuel, sono messicano e tu?”

La domanda sembrò cadere nel vuoto lei non mosse ciglio, emise una specie di suono gutturale che alla fine si trasformò in laconico:

“Lo so! Anche io sono messicana.”

“Questa poi – esclamò meravigliato Manuel – pensavo più un origine tipo Perù, comunque sono lieto di trovare una connazionale qui in Inghilterra. Cosa fai studi?”

Anche questa volta la domanda rimase nel silenzio, solo dopo alcuni minuti  con la stessa voce gutturale rispose:

“Sì, studio lingue, devo imparare l’inglese, conosco solo la mia lingua, quella dei miei padri.”

“Lo spagnolo –  disse Manuel, rispondendo d’istinto.

Lei lo guardò fisso poi pronunciò alcune parole in una lingua sconosciuta, poi tacque. Si alzò come il giorno precedente e si allontanò,  camminando come una sonnambula. L’episodio turbò  Manuel, c’era qualcosa che non quadrava in quel comportamento inusuale.

Ormai aveva visto molto nei giorni che era stato di postazione. Quella ragazza doveva essere sotto l’influsso di qualcuno o qualcosa, non era possibile che fosse così misteriosa. Si ripromise il giorno successivo di prendere un’iniziativa tale da cercare di risolvere il mistero.

Avrebbe fatto di tutto per scoprire cosa nascondeva, anche se avvolta in un mistero restava una bella ragazza e lui aveva intenzione di scoprire cosa nascondeva.

CONTINUA…

di Lorenzo Barbieri

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