227 d.C. circa – Acqua Alexandriana

L’ultimo grande acquedotto di Roma, l’Alessandrino (Aqua Alexandriana), fu commissionato dall’imperatore Alessandro Severo – che regnò dal 222 al 235 d.C. – allo scopo di rifornire le terme del Campo Marzio, edificate da Nerone intorno al 62 d.C. e da lui ristrutturate nel 227, come ci informa Lampridio, uno degli scrittori dell’Historia Augusta.

L’acquedotto si sviluppa per una lunghezza di circa 22 km; l’acqua era captata presso Pantano Borghese, a sud della Via Prenestina e dell’antica Gabi. Sul piano tecnico la struttura dell’opera è costituita da un nucleo di conglomerato cementizio, a scaglie di tufo, ricoperto da un paramento in laterizio di ottima fattura.

La costruzione subì alcuni restauri nel tempo, tra cui l’esecuzione di archi di rinforzo sottoposti a quelli originali e dovette rimanere in uso anche nel Medioevo, come testimoniano alcune torri dell’epoca costruite lungo il percorso.

I resti più notevoli si trovano presso Tor Bella Monaca, subito a Ovest di Via Torrenova, alla Mistica, al fosso di Tor Tre Teste e a Casale Oddone. Il tratto più imponente dell’opera si trova comunque all’interno del tessuto urbano, all’attraversamento di Viale Palmiro Togliatti, sul Fosso di Centocelle. L’ultima parte visibile del condotto si estende oltre la Via Casilina per l’attraversamento del Fosso della Marranella a Tor Pignattara.

Acquedotto Alessandrino a Tor Pignattara

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