Amazzoni e robot – Quinta puntata

La battaglia aerea si svolgeva a velocità supersoniche e quindi lei non riusciva a vedere lo stemma degli attaccanti, ma allorché la prima navetta da sbarco degli avversari dei Templari calò dal cielo, Mandy vide finalmente l’emblema con le stelle e le Cinque Corone. La bandiera del Superregno!

Klea stava attaccando il Pianeta Sacro!

Poi un boato e un caccia templare in fiamme la sorvolò a poche decine di metri dalla sua testa, fece una spirale e infine precipitò rovinando nel bel mezzo del Colosseo. In un secondo, la testimonianza archeologica di mille anni di storia esplose in una fiammata e venne cancellata dalla supeficie della Terra. Ne seguí un’eruzione di millenarie pietre e frammenti che, lanciati in aria, precipitarono poi tutt’intorno come proiettili. Un pietrone colpì il petto cromato di Argo senza scalfirlo. Il robot fu lesto a mandare in frantumi con il suo disintegratore un arco a tutto sesto volante la cui treiettoria era diretta proprio contro Mandy. Una statua si piantò a testa in giù perforando la plastica che copriva il terreno.

Un caccia templare si buttò in picchiata a volo radente cercando di colpire un velivolo del Superregno. Il pilota di Klea schivò il proiettile a energia, il quale fece cilecca e andò invece a colpire il Foro Romano. Frammenti millenari autentici e posticci volarono tutt’intorno. Una lancia d’acciaio che era appartenuta ad una statua di Minerva si infilzò nelle giunture gommose di Argo senza dannegiarlo. Il robot se la sfilò con la stessa eleganza di un’amazzone delle storie proibite. Nel frattempo i primi robot templari erano sbarcati e si accingevano a difendere i resti della Città Eterna fino all’ultima vite, piazzati tra di loro e la navetta. I Templari non li notarono visto che Argo e Mandy erano invisibili ai loro occhi meccanici, ma i loro corpi cromati con la bella croce maltese dipinta sul petto sbarravano loro la strada.

Argo imbracciò l’artiglieria e due Templari vennero ridotti a rottami. I loro compagni non reagirono. Argo passò sopra i corpi metallici fumanti dei resti dei robot caduti.

«Yppicayeee!» si ritrovò a gridare, più che altro per farsi coraggio. Era il grido di battaglia di Ippolita l’eroina delle Storie delle Amazzoni.

Il mondo le stava crollando addosso. Vide altre astronavi apparire all’orizzonte. Vide altri duelli tra metallici giganti. Stesso risultato: le navi di Klea manovravano con un’agilità mai vista, i difensori del pianeta Sacro più goffi venivano abbattuti l’uno dopo l’altro. Adesso Mandy capiva come la Reginissima avesse potuto conquistare più di mezzo Impero. I Templari non erano da meno degli Spaziali Imperiali. Chiaro come le flotte di Alexandra si fossero prese una batosta dopo l’altra. Il nuovo modello di robot nelle mani della conquistatrice rivoluzionava la cibernetica. Le sarebbe piaciuto assistere a una battaglia campale, ma se quei nuovi robot cosí veloci sui tasti di comando lo erano altrettanto coi grilletti dei fucili a energia allora capiva come le armate imperiali fossero state sconfitte.

Argo e la sua cavallerizza arrivarono alla navetta. Salirono la rampa, che si chiuse alle loro spalle appena in tempo per fare da scudo a un capitello corinzio originale del Pantheon che era appena saltato in aria colpito da un’ulteriore cilecca di un caccia templare.

Quando finalmente la piccola astronave si alzò verticalmente in volo, si lasciò dietro una Roma molto più malconcia di quanto i robot di Brenna, Alarica, Genserica e le  Lanzichenecche messe assieme avrebbero potuto fare. Il tutto nel giro di sì e no mezz’ora.

In quel momento i primi mezzi da sbarco del Superregno cominciarono a calare da cielo. Mandy si sentí sicura del fatto che la sua invenzione rendeva invisibile l’astronave, ma doveva stare attenta che qualche raggio o proiettile a energia o frammenti di nave in fiamme la colpissero. Vide Roma sparire dalla sua vista.

Soltanto ora, in salvo da quello sfacelo, Mandy ebbe il tempo per almanaccare come le forze d’invasione del Superregno avessero potuto aver ragione dei Templari: l’aveva notata in tutta la sua fase. I robopiloti di Klea agivano per filo e per segno secondo il suo Robostratego Program. Cestinato dall’Impero, le spie della Reginissima se ne erano sicuramente impadronite. Non poteva essere una coincidenza. A un pizzico d’orgoglio, si aggiuse una valanga di rabbia e la consapevolezza di essere stata derubata e fregata.

La piccola astronave volò orizzontale e a bassa quota. Nonostante pochi minuti dopo si fossero allontanati da Roma, dal finestrino Mandy poté vedere ovunque duelli in cielo. Grandi navi ma anche piccoli caccia a centinaia, e mezzi da sbarco che calavano. Nella fretta di allontanarsi da Roma Mandy non aveva pianificato una rotta. L’importante era mettersi al sicuro. Volò verso nord. Sotto di lei a tremila metri di altezza si stendeva un monotono paesaggio di boschi e prati. Infine una catena di montagne le si parò davanti: le Alpi.

All’orizzonte sbucò una squadriglia di astronavi: Templari. Mandy vi si piazzò in mezzo, sicura della sua invisibilità.

Ma da dietro le nuvole apparve una squadriglia di Klea che sparò a vista alle avversarie centrandole. Purtroppo una nave Templare esplose in mille pezzi a pochi chilometri dalla navetta. Un frammento incandescente colpì il velivolo di Mandy aprendo una falla nella fiancata.

Con orrore lei si accorse che stavano perdendo quota.

Sotto di loro, dal finestrino di metallo trasparente Mandy e Argo vedevano un verde tappeto di boschi e pianure che si faceva sempre più vicino. Poi fu come se il finestrino fosse stato uno schermo televisivo e il canale fosse stato cambiato: il paesaggio e le cime delle montagne, i fiumi e le altre caratteristiche geografiche erano le stesse, ma in più, dal nulla, erano apparse qua e là rovine di città, paesi  e fabbriche coperti in parte di erbacce, ma ben visibili ora che la distanza dal suolo della navetta era ridotta a sì e no un paio di chilometri. Un’altra domanda in più alla quale Mandy avrebbe voluto trovare una risposta o di formulare una teoria, se ne avesse avuto il tempo. In quel momento però, tutte le energie della donna erano concentrate a cercare di salvare la pelle, la propria, vellutata e quella metallica di Argo. Allorché il computer di bordo cominciò a sbraitare con voce melodiosa da soprano:  «Abbandonare la nave! Abbandonare la nave! Alla capsula di salvataggio! Alla capsula di salvataggio!»

Mandy e Argo ubbidirono senza discutere.

Corsero lungo il corridoio della navetta che dondolava a destra e a sinistra vibrando all’impazzata. Mandy inciampò e cadde ma Argo fu lesto a sollevarla con le sue amichevoli mani meccaniche e la portò in braccio fino alla capsula sferica. Il robot aprí la porta della capsula, larga abbastanza per far passare la propria mole, posò la sua principessa su uno dei sedili, schiacciò il bottone di chiusura della porta e si tenne attaccato alle maniglie in attesa dell’impatto.

La capsula li protesse dall’atterraggio di fortuna e dall’esplosione. Un paio di botte attutite dall’apparato antiurto e infine tutto fu silenzio.

Dal periscopio videro la navetta esplodere a un paio di chilometri e capirono di trovarsi fuori dal raggio d’azione delle fiamme.

Aprirono il portello e uscirono fuori. Solo ora, a distanza di un anno sbattuto via su quel pianeta in luoghi posticci e artefatti Mandy si ritrovava ad ammirare qualcosa di autentico.

L’erba che calpestava era vera, anche le ortiche che le facevano bruciare le gambe nude. Ma soprattutto erano autentiche le rovine della cittadina che le si parava davanti a mezzo chilometro di distanza.

Come se le stesse leggendo nel pensiero Argo prese Mandy e se la mise in groppa, come un elefante ammaestrato avrebbe fatto con una principessa indiana e, senza che lei avesse avuto bisogno di dire niente, si diresse verso le rovine consapevole nella sua meccanica logica programmata a dovere, che la sua padrona bramava ora dal desiderio di esplorare quell’antico borgo, arroccato su di un dirupo roccioso e dominato da una rocca la cui unica torre mozzata testimoniava un antico glorioso passato.

Come si chiamava quell’antica cittadella? Tra le erbacce giaceva un cartello di plastica. Mandy lesse: GENTLETOWN, un nome mai citato nelle Sacre Scritture.

CONTINUA…

 

di Paolo Ninzatti

Febbraio 11, 2023

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