Amazzoni e robot – Sesta puntata

Bene, si disse, ora era lì per scoprire la verità. Poi si diede della stupida. Il pianeta stava per essere invaso e quindi il tempo non era dalla sua parte. Mentre salivano verso il borgo alla loro sinistra notarono un’antica centrale energetica ormai in disuso.

Dai muri semidiroccati di questa lei vide quello che sembrava un proiettore olografico da teatro cinematografico ma molto più grande e puntato verso il cielo. Dalla lente usciva un raggio. L’apparato era in funzione alimentato dall’energia della centrale e proiettava in cielo l’immagine falsa di una distesa verde senza rovine. Ecco scoperto il trucco!

Il che significava che gli invasori, anch’essi ingannati dall’alto non avrebbero mai messo piede da quelle parti. Che cosa interessava a loro una distesa di terre vergini? Vista l’ingente concentrazione di truppe da sbarco impiegata a Roma, Mandy concluse che altre forze analoghe dovevano essere  state mandate alla conquista di Londra, New York, Parigi e di tutte le altre città ridotte a monumenti semifasulli disperse sul pianeta, ma era poco probabile che l’invasione si sarebbe estesa sul resto del pianeta.

Il sole volgeva al tramonto e la brama di scoprire antichi misteri avrebbe potuto essere soddisfatta soltanto per tre ore al massimo. Mandy decise di proseguire verso l’antica cittadina.

A cavallo di Argo arrivò a una piazzetta. Si guardò intorno. Poi azionò il computer da polso. Puntò il sensore verso le rovine scannerizzandole: il programma Archeologo rivelò l’età di quegli edifici. Alcuni risalivano a poco più di duemila anni, costruiti quindi sì e no un secolo prima dell’Esodo, ma altri erano più antichi di almeno un millennio. Risalì un dirupo e si diresse verso la rocca. I muri ancora in piedi di quella costruzione avevano dei pertugi. Sembrava di vedere materializzate le descrizioni dei castelli delle storie delle Amazzoni, con i loro merli e le aperture dalle quali le donne guerriere lanciavano le frecce contro le assedianti.

Chiuse gli occhi per un istante e si immaginò quella rocca brulicante di armigere in lucenti armature armate di scuri, spade, archi e frecce. Incredibile. Scese dalla sua metallica cavalcatura e si diresse verso il portone. BIGDOG CASTLE  stava scritto sull’arco. Il ponte levatoio era abbassato. Il computer fece notare che era di cemento armato di mille anni dopo, ma il resto era più antico. Lo varcò.

Non appena dentro al maniero, si sentí ancora di più nel bel mezzo di una specie di realtà virtuale ispirata alle Storie Proibite. Ricordi ancestrali la presero. L’odore di umido non le dava fastidio e nemmeno le ragnatele che pendevano dal soffitto. Ora stava veramente vivendo l’avventura, anche se le sapeva che quell’antico maniero era stato difeso probabilmete da un modello arcaico di robot. Strano però come la misteriosa scrittrice delle Storie Proibite avesse descritto gli ambienti così fedeli a quello che ora le si parava davanti: colonne scrostate, portali ad arco, finestre con grate metalliche arrugginite, piante rampicanti che serpeggiavano intorno a colonne e pilastri. Per caso il sensore del computer colpì una delle pietre della parete. Suonò un “bip” e lo schermetto indicò che quella era mille anni più giovane delle altre.

I castelli delle storie delle amazzoni avevano i loro bravi passaggi segreti e la maggior parte delle volte questi venivano aperti schiacciando una pietra o tirando qualche pannello. Mandy non seppe resistere.

Toccò la pietra anomala. Quello che accadde dopo non fu come il classico canovaccio delle storie proibite. In esse il passaggio segreto era di solito dietro un muro che si apriva in un pertugio che permetteva a malapena il passaggio di una persona.

Invece fu il pavimento antico a sollevarsi scoprendo un’enorme rampa larga abbastanza da far passare un mezzo di trasporto a cuscino d’aria da almeno cinque tonnellate e per niente nello stile del castello: metallo ricoperto di gomma, molto più simile a quella di un bunker della prima Guerra Galattica. Ormai il mondo di  misteri bramosi di essere svelati si era aperto davanti ai piedi di Mandy e ai cingoli di Argo.

Ambedue scesero la rampa e si diressero sottoterra. Argo accese i fari ma un attimo dopo non ce ne fu bisogno. Il largo corridoio che i due si accingevano a percorrere si illuminò grazie a un sistema di lampade allogene.

Il corridoio non era tanto lungo e alla fine di esso c’era una porta. Quasi a farne guardia c’erano quattro statue, due per parte. Le statue raffiguravano quattro donne dalle fattezze uguali, soltanto vestite diversamente e in quattro pose differenti. Mandy all’inizio credette che si trattasse della stessa persona, ma poi lesse i nomi scolpiti sui piedestalli: FREJA VENUS I, FREJA VENUS II  e via dicendo fino ad arrivare alla quarta. Dallo stesso nome. Sopra la porta c’era una lapide. Le frasi scolpite su di essa erano in un galamericano arcaico ma comprensibile. Mandy lesse:

LE AMICHE DEL XX SECOLO

“In questi tempi oscuri, dove la Grande Sorella, tramite i mezzi di comunicazione sta inesorabilmente cercando di oscurare il passato e distorcendo la Verità, a pochi decenni dall’ imminente Esodo io, Freja venus IV decisi di fondare questa Società Segreta allo scopo di conservare i fatti come furono e di mantenere la Storia così come fu raccontata. Alle Sorelle Congiurate in questo luogo segreto viene mostrata la verità Storica rimasta nei ricordi ancestrali del mio cervello copia clonata di quello di Freja Venus I vissuta nel XX Secolo e nei CD rom compatibili con il computer qui conservato, un cimelio storico del XX secolo.”

Mandy rimase a bocca aperta. Davanti a lei si parava una porta e al di là di essa lei avrebbe finalmente trovato la Verità. Ma già in’infinità di domande le passavano nel cervello: chi era la Grande Sorella? La Bibbia non la nominava. CD rom doveva essere la corrispondente preistorica delle chiavette. Quasi per istinto Mandy fece un passo avanti e la porta si aprì automaticamente.

Davanti a lei si parò allora un rotondo atrio senza mobili ma con le pareti scolpite di epigrafi.

Mandy lesse la prima:

“Nel 2056, all’indomani della calata dei Barbari, le popolazioni locali, così come in altri luoghi dell’Europa, si rifugiarono nell’antico castello, che nonostante fosse vecchio di secoli era in ottimo stato. Per difendersi dagli attacchi di gas e armi chimiche dei Barbari, venne costruito questo rifugio sotterraneo. Un lavoro veloce grazie all’efficenza dei robot costruttori (giustiziati dai Barbari in seguito). I Barbari, non a fatica riuscirono infine a espugnare il Castello e a conquistare il bunker (le assediate vennero passate per le armi.)

All’arrivo delle Armate Americane di Liberazione, i Barbari usarono il Castello e il bunker per resistere fino all’ultimo, ma assediati dai robot degli Stati Uniti e senza via di scampo fecero una sortita e si lasciarono massacrare in nome del loro dio.

All’indomani della riconquista le terre ormai spopolate dell’Europa vennero vendute ad americane di tutti i ceti. La città e il castello vennero comprati da mia madre clonica, Freja Venus III. Fu lei a battezzare la città Gentletown, traduzione anglizzata del nome in lingua originale ormai morta. Il castello prese il  nome di Bigdog, così si chiamava chi l’aveva fondato, Cane Grande.

Città e castello erano ancora in buono stato, non erano stati danneggiati dalle guerre, visto che le armi chimiche e i gas avevano decimato la popolazione, ma lasciato intatte le mura.

Ma allo scoppio della Prima Guerra Privata Cibernetica, mia madre fece ampliare il bunker. Il Castello fu danneggiato seriamente dai Robot di ambo le Multinazionali belligeranti.

Mia madre ormai centenaria e diventata Governatrice dello Stato di South Europe lasciò  le rovine e si trasferí nella capitale, Watercity.

Io sottoscritta Freja Venus IV tornata nei luoghi della mia infanzia feci scolpire questa lapide e le statue della dinastia lasciando nel bunker alcuni ricordi di oggetti appartenuti alla mia bisnonna clonica, la grande Rock Star Freja Venus I che visse nel XX secolo.

Decisi di usare il bunker come luogo di ritrovo segreto per le AMICHE DEL XX SECOLO”.

Mandy per tutta la durata della lettura si era arrovellato il cervello per spiegarsi se i Barbari fossero robot con i programmi impazziti oppure animali intelligenti. Nessun robot passa per le armi donne inermi. Nelle storie delle Amazzoni una regina manipola i geni delle scimmie trasformandoli in fedeli guerrieri. Solo bestie potevano compiere simili eccidi.

Bramosa di ulteriori spiegazioni pose l’occhio su una seconda iscrizione:

CONTINUA…

 

di Paolo Ninzatti

 

Febbraio 23, 2023

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