38 d.C – 52 d.C. – Acqua Claudia

Vista panoramica dell’acquedotto Claudio(nei pressi di Via Lemonia)

La conduzione dell’Acqua Claudia e dell’Aniene Nuovo (Anio Novus) fu iniziata nel 38 d.C. ad opera di Caligola e conclusa nel 52 d.C. ad opera del successore Claudio, come si legge sulla monumentale iscrizione di Porta Maggiore e come ci informano Svetonio e Plinio il Vecchio.

Pochi anni dopo, per opera di Nerone, fu costruita una importante diramazione dell’Acqua Claudia, nota con il nome di Arcus Neroniani secondo l’indicazione di Frontino, a servizio sia della Domus Aurea che del Celio. Questi archi furono poi dai Flavi prolungati fino al Palatino per alimentare il palazzo imperiale. La piscina terminale, situata sul Celio presso le sostruzioni del tempio del divo Claudio, è disegnata in un frammento della Forma Urbis marmorea Severiana con la dicitura “aquaeductium”.

L’acquedotto Claudio captava l’acqua da due sorgenti, il Fons Caeruleus e il Fons Curtius, come apprendiamo da Svetonio, a breve distanza da quelle della Marcia, nei pressi del ventottesimo miglio della Via Sublacense, sorgenti che il Lanciani identificava nel laghetto di S. Lucia e nelle cosiddette I e II Serena. Il percorso misurava circa 70 km e la portata era di 4607 quinarie, pari a 191.165 metri cubi.

Nella prima parte del suo percorso l’Acqua Claudia seguiva costantemente, a breve distanza dalla Marcia, la sponda destra dell’Aniene fino a Vicovaro, dove attraversava il fiume. Di qui proseguiva in direzione Tivoli, uscendo allo scoperto con ponti e viadotti solamente nei punti di attraversamento di fossi e depressioni. Sul Fosso della Vallana si possono ancora vedere i resti di un grandioso manufatto, il cosiddetto Ponte Maiuro; imponente anche il ponte sul Fosso della Noce, presso il diverticolo della Via Tiburtina che porta a Castel Madama.

Ponte Barucelli (Gallicano nel Lazio)

Al Fosso dell’Acqua Nera l’Acquedotto Claudio e l’Aniene Nuovo giungevano per mezzo di manufatti distinti ma affiancati che formavano il Ponte Barucelli o Diruto, al di sotto del quale è la Via Prenestina. Proseguendo, lo speco corre sotterraneo per riemergere presso Villa Bertone alle Capannelle e cioè al VII miliario della Via Latina.

Qui si trovavano le due piscine limarie degli Acquedotti Claudio e Aniene Nuovo, dopo le quali avveniva la substructio rivorum, la sovrapposizione dello speco dell’Aniene Nuovo a quello della Claudia fino al castello terminale. Al di là delle Capannelle inizia la splendida serie di arcuazioni verso Roma costruite in conci di peperino, la cui altezza va rapidamente crescendo in relazione al decrescere del livello del terreno circostante. Le arcate raggiungono presso l’Osteria del Tavolato, l’altezza massima di 28 metri. Al Campo Barbarico l’acquedotto, con una doppia svolta, incrocia due volte la linea dell’Acqua Marcia riutilizzata dall’Acquedotto Felice.

Dal Casale di Roma Vecchia fino a Porta Furba le arcuazioni della Claudia hanno sofferto la rovina del tempo e, soprattutto, le spoliazioni per il recupero dei materiali. Una curiosa caratteristica di questo tratto è, infatti, la completa scomparsa in alcuni punti dei blocchi di peperino, che furono asportati, e la conservazione, invece, delle relative opere di sostegno in opera cementizia talora rivestita da laterizi di età adrianea o di epoca tarda.

Da Porta Furba, immediatamente prima dell’incrocio con la Via Tuscolana, gli archi della Claudia appaiono conservati, con i relativi interventi di consolidamento, per circa un kilometro.

La sezione dell’angolo presso S. Croce in Gerusalemme fino a Porta Maggiore fu inglobata nelle Mura Aureliane. Porta Maggiore, il monumentale passaggio in travertino sulle Vie Labicana e Prenestina, fu anch’essa inserita nella cinta si Aureliano. Di qui l’Acquedotto Claudio, sempre sormontato dallo speco dell’Aniene Nuovo, si dirigeva al castello terminale post hortos Pallantianos, del quale ci resta oggi solo una bella incisione del Piranesi e una foto del Parker. Dal terminale le acque dei due condotti venivano erogate in tutte le quattordici Regioni augustee tramite 92 castelli di distribuzione.

Nella zona di Porta Maggiore, denominata nell’antichità ad Spem Veterem (alla speranza vecchia) per la presenza nel luogo di un tempio dedicato nel 477 a.C. alla dea Spes distinto da un altro tempio eretto alla stessa divinità nel 260 a.C. nel Foro Olitorio, convergeva la maggior parte degli acquedotti; da qui essi entravano in città diramandosi nei vari quartieri.

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