Capitolo 26. I primi insegnamenti e l’antico tesoro

Taro entrò nella stanza dove aveva permesso a Shingen di riposare, nell’attesa che si facesse mattino per poter iniziare gli allenamenti.
Lo osservava dormire, gli sembrava così tanto piccolo che avrebbe voluto proteggere il suo animo dai pericoli che avrebbe dovuto affrontare.
Con lui, con il suo nuovo allievo, non voleva e non doveva fallire. Raccolse tutte le sue forze, fece un sospiro e dolcemente lo svegliò.

Shingen aprì pian piano gli occhi e stropicciandoseli disse:
«Le quattro e trenta? Maestro! Io a quest’ora di solito ancora dormo…»
«Dai forza Shingen, se vorrai impugnare Elrinhien come un vero guerriero, da oggi dovrai rispettare questi rigidi orari e soprattutto riuscire a cavartela in casi estremi; dovrai prepararti anche spiritualmente a tutto ciò che ti aspetterà su Iyaron. Forza alzati, bevi questa bevanda. Ci aspettano lunghe giornate di cammino.»

Allora Shingen si alzò senza aggiungere altro. Bevve frettolosamente quella strana bevanda, si lavò e vestì e di corsa uscì di casa.
Una voce che lo chiamava lo bloccò:

«Shingen! Shingen aspetta, ho preparato qualcosina di buono per il vostro viaggio. Forza vieni qui e prendi questo piccolo cestino.»

Era la moglie di Taro, una dolce vecchina che sorridendogli teneramente, gli porgeva quel grazioso cestino fatto a mano da lei.

Shingen lo prese, pronunciò un timido “grazie”, la signora gli accarezzò il volto, Shingen le fece un lieve sorriso poi pian piano raggiunse il suo maestro che era già in sella al suo cavallo, pronto per questa avventura.

«Salta su Shingen, questo è il tuo destriero, diverrete ottimi compagni di viaggio.»
«Io non so andare a cavallo, non ci sono mai andato, verrò a piedi.»
«Shingen ascolta, dovrai abituarti a lui, ti accompagnerà a Iyron. Per te sarà più facile anche sopportare il peso di Elrinhien. Salta su, non preoccuparti, lui sa già cosa deve fare.»

«Se lo dice lei, mi affido completamente.»
«Ti puoi affidare ciecamente a lui, conosce questo continente meglio di qualsiasi altro essere esistente qui a Linde. Ha sempre viaggiato in lungo e largo, ha tirato fuori dai pericoli gente sconosciuta ma bisognosa, è un’ottima guida e non ti abbandonerà mai, anche questo non capì mio figlio…»

Shingen, silenziosamente, con un salto cercò di salire sul suo cavallo; il primo tentativo non fu quello decisivo, neanche il secondo e il terzo. Il destriero allora, sbuffando si piegò e stendendosi del tutto a terra fece cenno a Shingen di saltare in sella.
Così si misero in cammino sui loro destrieri.

Shingen osservava il paesaggio silenzioso con lo sguardo fiero; dentro sé sentiva una gran forza d’animo e aveva voglia di imparare tutto quello che c’era da sapere sulla vita e l’addestramento di un giovane guerriero. Non lo avrebbe ammesso mai ma sapeva che quel saggio fabbro aveva ancora tanto da poter insegnare, soprattutto, a un ragazzino così tanto tenace quale era lui.

Taro lo guardava ma non lo distoglieva dai suoi pensieri, dai suoi sguardi sul mondo, del resto anche il silenzio della natura e quello dell’uomo stesso avevano tanto da insegnare. Dal silenzio si poteva apprendere ad aprire il cuore e sentirsi tutt’uno con una parte di mondo esterno al nostro, creando armonia tra mente, spirito e corpo.

D’un tratto Shingen si fermò e rivolgendosi al suo maestro gli domandò: «Dove siamo diretti?»
«Siamo diretti all’ex fortezza di Obuma, non manca molto. Ci fermeremo un po’ per meditare e poi inizieremo gli allenamenti per migliorare i riflessi e per essere più reattivo con la spada. Ti insegnerò a impugnare Elrinhien, a tenere testa a piccoli avversari e a procurarti buon cibo per tutto il tuo cammino. Nei pressi di Obuma vi è il fiume omonimo, il fiume più importante del nostro continente da dove si diramano tutti gli altri, è una fonte pura che servirà a dissetarci.

Obuma è ricco di pesci pregiati, noi li pescheremo e questo ti aiuterà a diventare veloce e rinforzerà i tuoi deboli muscoli. Se ricordi, Elrinhien è pesantuccia, per poco non cadevi quando hai provato a sollevarla…»

«Sì ricordo!» sorridendo accennò Shingen, «Allora maestro, come si impugna una spada? E manca molto per arrivare al fiume? Potrà condurmi direttamente a Iyaron se lo percorrerò per tutta la sua lunghezza? Comunque maestro sono stanco e affamato!»

«Tranquillo Shingen, manca pochissimo e mi chiedo come faccia tu a essere stanco visto che sei comodamente trasportato da un valido destriero che sono ore e ore che cammina al tuo posto?»

«Bé sì ha ragione maestro ma io non sono abituato…»
«Su coraggio, ci siamo quasi.

Dal fiume Obuma ha origine l’omonimo lago, come ti ho accennato prima, che si trova a metà strada tra la regione di Ringuere e quella di Bangalow. Le due regioni sono divenute, intorno all’anno 801, le più importanti del continente di Linde grazie all’avvento della classe dei samurai.

Se percorrerai tutto il fiume ti condurrà direttamente al monte Iyaron dal quale ha origine, e sfocia nel mare di Berunia. Ci vorrà circa un anno e mezzo di cammino. Dovrai arrivare prima al villaggio di Rettel a nord dell’ex fortezza dell’antico paesino di Obuma. Dopo aver raggiunto Rettel dovrai incamminarti verso ovest e seguire il fiume salendo verso nord per poi spostarti a nord-est.
La strada sarà lunga e faticosa però eviterai le tempeste del basso est e potrai procurarti acqua fresca e buon cibo.»

«Tutto chiaro maestro ma dovrebbe indicarmi la strada esatta tra un anno, non credo di poterla ricordare già da ora.
Maestro mi dica, i Samurai sono avventurieri?»

«No Shingen, i samurai sono dei valorosi guerrieri appartenenti alla classe aristocratica. Ora però Shingen, acceleriamo un po’ il passo, avremo tempo per parlare anche dei samurai anzi sarà necessario parlarne affinché tu possa avere un allenamento e una conoscenza completa delle arti dei nobili cavalieri.»

«Maestro un’ultima cosa…»
«Dimmi pure Shingen.»
«Credo che dovrò chiedere sul serio scusa a sua moglie per averla trattata così male al mio arrivo ad Aleran, non credevo potesse appartenere a lei e lei è stata così gentile con me questa mattina…»

«Avrai tempo anche per questo e ricorda che i valori essenziali in assoluto per un autentico guerriero sono: il rispetto, la cortesia, le corrette azioni. E questo indipendentemente dalla persona con cui si ha a che fare o dalla sua appartenenza. Il fatto che tu abbia ammesso il tuo errore ti fa onore e mi rende un po’ fiero, significa che sono riuscito già a trasmetterti qualcosina.
Ora però ordinerò al tuo destriero di galoppare per affrettare i tempi, tieniti stretto a lui…»

Raggiunsero così l’ex fortezza di Obuma.
Shingen impaziente, corse a gettarsi nel fiume ma il maestro lo richiamò

«Shingen! Shingen! Insomma Shingen, mi senti? Ti sto richiamando all’ordine e alla compostezza.»
Shingen si fermò di scatto, si girò e disse:
«E gli allenamenti?»
«Ma non eri stanco e affamato?»
«Stanchissimo e affamatissimo, per questo correvo, volevo già imparare a procurarmi del buon cibo e a dissetarmi come un vero guerriero; sono così curioso di iniziare ad allenarmi, lei non ha idea di ciò che tutto questo significhi per me…»

«Ma se corri in quel modo e agiti l’acqua, le nostre prede scapperanno.
Fermati un attimo, guardati intorno. Prima di iniziare qualsiasi attività in un luogo sconosciuto, devi ambientarti ed entrare in armonia con esso. Scoprirne tutti i suoi segreti.
Ora siediti vicino a me e dimmi quali emozioni ti evoca questo posto, cosa senti e percepisci da esso.»

«Questo che allenamento sarebbe?»
«Questo allenamento ti servirà per sviluppare la percettività e allenare la mente a osservare ciò che i tuoi occhi non ti permettono di vedere, ti aiuterà a sentire cose che non senti e, sempre se ce ne sono, prevenire le mosse del nemico… però prima di tutto questo è bene che mangi un po’.»

«Ah menomale! Vado a pescare qualche buon pesce!»
«No piccolo Shingen, prendi il cestino che ti ha donato mia moglie questa mattina. Ha pensato a tutto lei per oggi.»

«Eccolo maestro. Cosa c’è di buono?»
«Pane di segale fatto in casa e uova sode e poi fritte.»
Shingen guardò il suo maestro e rassegnato disse:

«Credevo ci fosse qualche specialità di Aleran. Sono anni che mangio pane di segale e uova. Alla taverna dove abito a Talalum-Brich purtroppo non si hanno più i soldi sufficienti per sfamare l’intera cittadina, forse anche questo è uno dei motivi che mi ha spinto a partire.»

Taro lo ascoltava in silenzio e con il cuore pietrificato ma come il suo solito non si perse d’animo o meglio non volle far percepire a Shingen il suo momentaneo smarrimento e disse: «Credevo non conoscessi questo alimento così tanto importante per noi uomini invece mi stupisce che anche lì giù, a Talalum, usino in cucina le uova. Inoltre non credo che dove vivi tu usino condirli con la cannella o cumino. E scommetto che mai nessuno ti ha detto quali benefici si traggono dalle uova…»

«Cumino? Cannella? Benefici? No, nulla di tutto questo…»
«Il cumino e la cannella sono delle ottime spezie ed esaltano il sapore, quando le assaggerai te ne renderai conto e sentirai la differenza con le semplici uova di Talalum. I benefici sono molti: prima di tutto sono degli integratori naturali per gli occhi, poi contengono molte vitamine e proteine e contengono un importante nutriente per il nostro cervello e prevengono la formazione di grumi nel sangue.»

Shingen lo ascoltava mentre, colpito dal discorso del suo maestro, mangiava con più gusto le uova.
«Effettivamente hanno un altro sapore le uova fatte con le spezie, lo sa maestro? E poi il pane è ottimo, erano anni che non ne gustavo un pezzo così buono. Sa, da quando hanno rap… Ah ma cosa racconto a fare? Meglio non ricordare…»
«Se vuoi parlare Shingen, con me puoi, io ti aiuterò a ricostruire il tuo passato.»

Shingen rimase in silenzio, lo guardò ma non disse nulla. Si alzò dalla pietra sulla quale si era seduto, si avviò sulla sponda del fiume e attese lì il suo maestro che ancora mangiava; si guardava intorno con sguardo astioso, poi lasciò correre lontano quei pensieri che lo legavano a un passato doloroso, fece un sospiro e decise che era arrivato il momento di osservare con calma e con tranquillità quel posto sconosciuto per poter entrare in armonia con esso e divenire tutt’uno con la natura, proprio come gli aveva spiegato quel saggio vecchietto.

Cercava di scoprire quali potessero essere i segreti di quel posto, poi si rivolse al suo maestro:
«Io vedo solo rovine e tanto verde…»

Il maestro gli sorrise, poi disse:
«Questo meraviglioso posto nasconde segreti e fantasie, realtà e bellezze che solo chi ha la mente aperta è in grado di percepire in modo chiaro.
Il fiume di Obuma si narra sia nato dal fuoco della lava che scorreva dopo il crollo di una delle zone del monte Iyron, dovuto ad una misteriosa esplosione quando Linde era ancora una terra sconosciuta, inesplorata.

La lava incandescente colava dal monte in una direzione precisa, formando un solco dal quale usciva dell’acqua fresca che man mano raffreddava la lava e che con gli anni divenne il letto che oggi accoglie il fiume Obuma.
La lava fortunatamente non distrusse nulla, sembrava che avesse un suo ben preciso scopo che credo sia stato appunto quello di formare fiumi e laghi per accogliere noi uomini.»

«Allora la fortezza di Obuma non è stata distrutta dalla lava, maestro?»
«No Shingen, è successo qualcosa dopo e ora dell’omonima cittadina di Obuma è rimasto solo questo. Col passare degli anni, piogge e tempeste fecero prolungare il corso del fiume e lo resero copioso, fino alla formazione del preziosissimo lago Obuma dove vive il grande Karò.
L’ex fortezza di Obuma un tempo nascondeva un tesoro custodito da esseri misteriosi, creature mistiche che vegliavano su Obuma…»

«Esseri misteriosi, tesori, fortezze? Secondo me sono favole. Favole che si raccontano ai bambini per farli addormentare. Non vorrà mica dirmi che lei, saggio com’è, crede a tutta questa storia?»
«Credere in qualcosa, avere sogni, speranze aiuta, caro Shingen, ad andare avanti nella vita e a mantenere vive le memorie di chi racconta queste “favole”.

Che tu voglia crederci o no, qui un tempo vi era un tesoro, la fortezza poi crollò e con essa sparì tutto, lasciando solo il ricordo di quello che era l’antico castello di Linde, attraverso questa scritta incisa su questa mezza torretta sulla quale in lingua antica c’è scritto:
“ACO IT DIROS ÈRE SUMER”.
Mi risulta difficile anche leggerla visto che io questa lingua non la conosco.»

«E il tesoro cosa conteneva?»
«Una formula, un incantesimo di pace.»
«A cosa serviva?»
«Credo a mantenere l’equilibrio tra i mondi.»

«I mondi?»
«Io non so altro, so solo questo e credo che se tutto è crollato deve essere stato perché il tesoro è stato usato quindi qualcosa è successo.»
«Boh… lei mi ha detto di guardarmi intorno per vedere ciò che gli occhi non mi danno la possibilità di osservare ma io sono sempre più confuso.»

«Un giorno, non molto lontano, capirai e… ti ricorderai di questo povero vecchietto e delle sue parole e sarà allora che la tua mente sarà aperta e potrà accogliere la verità; forse non la accetterai ma ti darà la forza per andare oltre Obuma e per vivere serenamente il futuro.»

Shingen distolse il pensiero da queste parole, non gli sembravano tanto importanti, non riusciva a coglierne ancora il significato e chiese a Taro:
«E la scritta “ACO IT DIROS ÈRE SUMER” cosa significa?»
«Il suo significato non lo conosco ma in generale posso dirti che riguarda il bene tra gli esseri viventi, tra tutte le creature terrestri e non.»

«Che lingua è?»
«Una lingua antica, antichissima. Mio nonno la conosceva ma non ha mai voluto ricordarla, non ne so il motivo e non mi ha mai detto cosa significasse questa scritta.»

«D’accordo maestro, credo di aver compreso qualcosa e cioè che ci troviamo in un luogo molto importante del continente di Linde, con un passato mirabile e mistico e con un futuro ancora tutto da scoprire. Ho compreso che un tempo vi erano esseri misteriosi che custodivano la pace del mondo e tra le creature ma ho ancora tanto da scoprire.

Soprattutto voglio capire il perché: perché se il tesoro nascosto è stato usato, mio padre è morto quando invece ci sarebbe dovuta es-sere la pace tra le creature? Lei lo sa? Mio padre è andato a Iyron e lì una creatura oscura lo ha annientato, io devo vendicarlo. Che pace è questa? Me lo spieghi…»

Il saggio maestro non rispose, ascoltava in silenzio e col capo chino. Quelle parole gli risuonavano in testa e nel cuore come un rimprovero.
Tese la sua tremante mano sulla spalla di Shingen, dandogli due piccole pacche e, scuotendo la testa, sospirò malinconicamente. Shingen lo guardò e disse:
«Non lo sa. Non mi sa dare una risposta. Io devo vendicarlo.»
«Non posso, piccolo… Non posso!»

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di Annalisa Vozza

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