Cubismo e Astrattismo

Picasso e Braque sono considerati i fondatori dello stile “cubista”, la cui nascita si fa coincidere con il quadro di Picasso (1881-1973) “Le Bourdel Philosophique” (Les damoiselles d’Avignon).

Nel cubismo le figure sono  dissezionate in modo geometrico, e quindi ricostruite con una moltiplicazione prospettuale che le costituisce in un insieme “assoluto” e pregno di forza dinamica, pur se centralizzata.

Tutto ciò sembra richiamare la brillante intelligenza formale dei cristalli, mondo minerale che è geometricamente perfetto ed in eterno equilibrio.

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Braque – Il tavolo tondo

Anche se presenta linee curve, il cubismo le incastona in una struttura sistemica che è geometricamente maschile, e che volontariamente preserva la composizione dalla caducità femminea (il solve alchemico) che agisce nella Natura.

In effetti, questa strenua ricerca nella forma richiama, in qualche modo, quella dei pittori rinascimentali, ma con una significativa inversione.

Questi avevano cercato, nella perfetta imitazione delle forme naturali, i segreti della Natura per procedere verso il ricongiungimento con lo Spirito Astratto (Dio); invece i pittori cubisti, con l’astrazione dall’ovvietà formale, approfondivano l’esoterismo strutturalmente geometrico del visibile, rivendicando una nuova percezione che celebrava il libero arbitrio della costituzione della realtà e dell’uomo stesso.

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Braque – Violino e candeliere

Il cubismo, pur se apparentemente distorce l’immagine, in realtà la solidifica in una certezza strutturale che è idealmente comprensiva di superiori potenzialità.

Tale sintesi sprigiona la forza dirompente di un colpo di maglio, che viene sferrato contro il muro che ostacola la visione interiore; infatti il cubismo è ricolmo d’orgoglio virile che assale ogni avversità, focalizzando l’intento. Per questo motivo è stato, per molti pittori, un lasciapassare quasi obbligato per iniziare il viaggio nei meandri dell’Anima.

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Picasso – Damoiselles de avignon

Senza la necessità di tanto clamore, perché in modo più sottilmente intuitivo, Kandinsky, più o meno nel 1910, scoprì che «l’oggetto nuoceva ai miei quadri», ed iniziò a percorrere le vie della pittura non-figurativa. Ormai si era in volo, e senza rete.

Operando un ribaltamento della concezione della rappresentazione, egli affermò che la sua pittura non poteva essere definita astratta, bensì concreta, perché consisteva essenzialmente in se stessa, come libera composizione che era motivata dall’esperienza interiore dell’artista.

Tale costruzione non imitava un’oggettività naturalistica, ma era essa stessa oggetto che, con il proprio linguaggio grammaticalmente artistico, esprimeva una “risonanza interiore”, che è un’illuminante e fondamentale intuizione su cui rifletteremo più avanti, nel capitolo dedicato alle “riflessioni spirituali della Pittura”.

Come scrisse Kandinsky: «In quest’arte le forme astrattizzate o astratte (linea, superfici, macchie, ecc.) non sono importanti in quanto tali; ciò che importa è la loro risonanza interiore, la loro vita».

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Picasso – Autoritratto

Effettivamente, un quadro così concepito esercita la propria forza evocativa dalla concertazione intrinsecamente spirituale dei propri elementi, non essendo affatto rappresentativo, ma concreto.

Invece la pittura di un paesaggio, ad esempio, è necessariamente finzione ed astrazione dal paesaggio stesso, in quanto non può contenere alcun elemento che è in esso vivificato, ma solo mostrarne un’ingannevole riproduzione.

Questa visione ha consapevolmente determinato una rivoluzione nella cognizione della rappresentazione artistica.

Così si riscattava ciò che diceva  Pascal: «Qual vanità è la pittura, che attira l’ammirazione con la somiglianza di cose di cui non ammiriamo gli originali». Perché la pittura concreta non assomiglia che a se stessa, ed è un’espressione originale della Vita.

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Wassily – Kandinsky in blue 1925

Ma, giunti a questo punto, si poneva un grosso problema che ha assillato, ed assilla, tutta la Pittura Moderna: trascendendo ogni vincolo della rappresentazione, come è possibile qualificare ciò che è Arte?

Nella Pittura intesa come imitazione della Natura, la fedele rispondenza al modello, e quindi la perizia operativa, potevano verificare la validità di un dipinto, che ovviamente era arricchita anche da altri apporti creativi.

Però, se viene a cessare la disposizione di un modello realistico, la pittura rimane unicamente costituita nei suoi elementi, che da soli possono non bastare a giustificarsi.

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Kandinsky – Linea trasversale

Un insieme di linee e colori, per quanto gradevole, non può essere genericamente considerato un’opera d’Arte; come distinguere allora una pittura degna di questo nome da una mera decorazione?

Non si corre il rischio di precipitare nella superficialità iconografica di un tappeto commerciale, o di una tappezzeria?

La questione è, come si può capire, estremamente delicata e significativa.

Kandinsky - Giallo rosso blu

Kandinsky – Giallo rosso blu

La migliore risposta è stata data da Kandinsky, con l’intuizione della “risonanza interiore” (o “necessità interiore”): è la risonanza interiore di un’opera che la legittima, sia artisticamente che spiritualmente.

Tale “risonanza interiore”, negata sin dalla Pop Art fino all’attuale arte concettuale, è proprio il tema essenziale dell’Arte e necessita, con urgenza, di nuovi artisti meditativi per essere consapevolmente concepita ed espressa, essendo l’opportunità per una radiosa rinascita dell’Arte stessa e per una matura fonte d’ispirazione donata all’umanità che attualmente si sta struggendo  nella totale espropriazione dell’Anima.

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Kandinsky – Cielo azzurro

Satvat 

 

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