Donne Maledette 4/13

IV – Daniela

Donne Maledette 4

Cara mamma,

ho saputo che papà ci ha lasciati: ieri è venuto Maurizio e me l’ha detto.

Me l’ha sbattuta in faccia questa notizia guardandomi dritta negli occhi come se volesse ferirmi, quasi che la colpa fosse stata mia.

Lo so, non mi avete mai perdonata, d’altra parte, nemmeno io ho mai perdonato voi.

Ho riflettuto molto prima di mettermi a scrivere questa lettera perché temevo che potessi equivocare credendola un atto di scuse: non è così e non voglio che lo pensi neppure lontanamente; ognuno è libero di decidere da che parte stare e io presi la decisione molti anni fa, da allora non mi sono mai guardata indietro né ho mai pensato di aver sbagliato.

E’ dura sai la vita del carcere, è terribile non sentirsi più padrone del proprio spazio e, il poco che hai, doverlo dividere con un’altra persona tutti i giorni, tutto il giorno.

Ciononostante non mi pento delle mie azioni, anzi, ne vado orgogliosa!

Ti giuro, che pur conoscendo già il mio destino, se tornassi indietro non cambierei nulla di ciò che ho fatto.

Voi benpensanti ci chiamate assassini, ma non è così!

Pur se rinchiusa fra quattro mura so bene quel che dite là fuori, pensate che siamo solo piccole frange di un triste passato, come lo chiamate quel periodo? Ah già, “anni di piombo”.

Sono i  vostri piedi a  essere fatti di  piombo, immobili, statici, siete impassibili esseri inutili che aspettano lo svolgersi degli eventi.

Io sono stata protagonista della mia vita, voi, null’altro che meri spettatori!

Pensi che io sia pazza?

Può darsi, sì, ma nella mia follia vedo la vostra triste sanità mentale e mi fa schifo!

Noi siamo una piccola comunità qui dentro, io non mi lamento, leggo molto, lavoro e scrivo, scrivo fino a farmi sanguinare le dita per lasciare ai posteri un documento storico degno di tale nome e ben diverso da quella verità stravolta che ho letto su certi libri di testo.

Sto anche terminando il mio memoriale cara mamma, scrivo, anche se già so che nessuno editore lo vorrà perché è troppo scomodo sapere…

Fammi un regalo, fatti un regalo: alla mia morte se non sarà stato ancora pubblicato prendilo e almeno tu leggilo, se non altro ti servirà a capirmi meglio, sempre che t’interessi.

Ci troverai la mia storia, la nostra storia, quella di tutti noi che abbiamo sacrificato la vita per l’ideale e adesso viviamo chiusi in gabbia, ben nascosti alla vostra vista.

Ci considerate destabilizzatori?

Pericolosi assassini?

Sì lo siamo e ne andiamo fieri!

E anche tu, cara mamma dovresti andarne fiera come me, che peccato che non possa capirlo!

Eppure mi hai cresciuto col mito degli eroi e dei martiri della resistenza! Che cosa differenzia noi, da loro? Nulla, cara madre, se non il fatto di essere sopravvissuti, siamo vivi e perciò scomodi.

Chiusi qua dentro, molti di voi ci hanno dimenticato, ci avete tolto dal mondo già prima di essere morti e  quando arriverà  il momento ce ne andremo silenziosi, uno a uno, senza aver mai più rivisto la luce del sole.

Ma non crucciarti adesso: la tua libertà non è la mia, preferisco di gran lunga la libertà di pensiero dentro una cella stretta e squallida a quella fasulla di chi vive là fuori.

Mi dispiace molto per papà, mai credevo che sarebbe morto tanto presto; mi dispiace ancora di più che Maurizio attribuisca a me la sua fine.

Cara mamma, lo so che ogni genitore vorrebbe per i propri figli tutto il meglio che c’è e che non puoi comprendere la mia scelta, ma ti assicuro che questo è tutto il meglio che c’è per me, mi ricompensa il sapere di essermi immolata per la libertà.

Non pensarmi come un uccello in gabbia, immaginami piuttosto come un’anima, un pensiero inconsistente, un ideale.

Fai conto di tenermi ancora fra i pensieri, come quando mi desideravi e non mi avevi ancora.

Proprio così vorrei che mi pensassi, come se non mi avessi ancora mai tenuta fra le braccia, la stessa cosa farò io con te.

Chissà che un giorno non ci conosceremo, non ci parleremo, non ci spiegheremo, non ci capiremo, non ci accetteremo.

Ho già qualche capello bianco qua e là e delle piccole rughe intorno agli occhi.

Arrivederci forse, o forse più semplicemente addio.

Mai tua Daniela

Donne maledette
storie, poesie, pazzie
di Vespina Fortuna

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