Il Dolore della Casa. Compianti dal Covid.

IL DOLORE DELLA CASA

compianti dal Covid

 

– Poiché tutto si compie in un altrove sconosciuto.

Francoise Dolto

 

per Vito, medico e uomo buono

 

INTRODUZIONE

 

Raccolgo nella brevità e nel ricordo di questi pochi ritratti, il senso di un comune, partecipato sgomento. L’evento Covid-19 che ci ha risucchiati da una terra ai nostri occhi, nelle nostre vite non più ospitale ci ha scoperti nel nervo teso di una condizione di limite forse dimentico ed ora così tragicamente esposto tra coabitazioni coatte ed economie in azzeramento. Così se non più eludibile la necessità del ripensamento ciò che a me interessa adesso- perché bene adesso- è il raccoglimento in un dolore (e in un pianto) che è anche il nostro per chi (per operatività di servizio e di lavoro ma anche per caso e per destino) lontano dagli affetti, nelle sepolture veloci, in veloci benedizioni ci ha lasciato in solitudine entro una procedura di sottrazione subdola, vorace nella traccia di uomini, donne, ragazzi – anonimi o meno- che ho voluto riportare nella presenza viva di ciò che nell’agire li ha connotati indicando allora nel passaggio la vita stessa come misura dell’amore e del pensiero- e per questo, in questa memoria, restando. Pensiero che allora va anche ai cari nella consapevolezza di una fratellanza che ora ci appella nel sacro.

 

 

Come ricordare e vedere la ghianda

nel becco martellante dell’uccello

questo affacciarsi incontrollabile di mondo

nel grido riposto del suo seme.

 

È sempre questo silenzio,

questo avvicendarsi inascoltato delle forme,

la morte nel suo deposito di àncora

che chiama dal fondo un altro mare.

 

L’ombra non è che una stagione

in questo passare infetto.

 

Nell’accorpare timoroso dei nomi-

il respiro condiviso dell’orma-

il volto regale e già sanato della terra.

 

CHIARA FILIPPONI

Anestesista di Portogruaro, primo medico deceduto in Italia (per concausa) da corona virus il 7.3.2020.

Sei stata la prima,

da te che gestivi il sopore del corpo

la coscienza: il camice

pronto a cedere ha ceduto,

persa la presa nel sonno.

Del virus hai detto

l’acritica funzionalità del colpo,

la fragilità della scienza

nell’immagine di un silenzio

che però ora non tocca.

Le perle infatti

ancora circondano la bocca,

nel sorriso, nella luce digitale della nostra foresta.

 

DIEGO BIANCO

operatore del 118, quarantesei anni, scomparso per covid a Bergamo il 14 marzo.

Al tempo del non tradire

va di là ma è da qui che viene

il cielo raccolto nella terra.

Come nel salmo, esposto

e scoperto, freme dalle postazioni

nel messaggio che il giorno

trasmette alla notte.

Nella voce che ha saputo udire

il patire di Bergamo, il professare

per bene di una vita per bene.

 

DON PAOLO CAMMINATI

parroco a Nostra Signora di Lourdes a Piacenza, assistente diocesiano dell’azione cattolica,
scomparso il 21 marzo a 53 anni.

Allo stato iniziale non si torna-

lo comprendi dall’acqua della roccia

di  nuovo mischiata al sangue.

Il numero- ad oggi, purtroppo ad oggi,

centoquindici*- dice la parola nei Numeri;

dell’esodo, delle comunità ferite

il terrore della promessa.

Ma è iscritto- ad ognuno-

il suo monte Nebo; la discesa

verso Gerico- in fase due,

in fase tre-  città delle palme.

Tu, caduto prima, hai avuto paura

ma ti sei fidato ancora una volta

mostrando la strada.

 

HART ISLAND

(ma anche campo 87 del cimitero Maggiore di Milano)

kaddish

Vorremmo dirvi

che siete la nostra lettera per il futuro

con la dignità di parole

che non abbiamo saputo scambiarci.

Composti tra i ruderi

sapervi insieme ai nomi di chi osserva

dentro una terra che si allarga nell’accoglienza del fiume.

Ma non so- o forse so ed è questo che pesa-

se qualcosa d’umano avanzerà

in questa barca

nello scompenso di un mare che già rigurgita.

Rimozione è lo spirito

del tempo malato

e per questo da sempre,

continuiamo a morire:

al fiore che oggi vi scarta

altri, in altri giorni, seguiranno

nell’eterna anonimia della calce.

Perché brevemente la vita ascolta la morte,

e più forte è la voluttà del ventre,

l’uomo animale carico.

Liberi da questo, allora sì per voi

sia lieve il silenzio,

lo scandalo del sabato santo.

 

DANIELA TREZZI

Infermiera di trentaquattro anni della terapia intensiva del San Gerardo di Monza (uno dei maggiori fronti della pandemia). Si è tolta la vita il 24 marzo: “Viveva in un pesante stress per la paura di aver contagiato altri” (Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche).

 

Dobbiamo ricordare i vivi

grazie anche a chi, per loro,

vivo non è più.  Che non è

un facile bando la regola della memoria

ma nei fatti del sangue il passaggio,

l’ossigenato fluire dalle mascherine

da una esistenza offesa.

Con te però il sudario

raccoglie lo scrupolo, il terrore

esploso negli occhi di un dare infetto,

dentro le corsie una malattia d’amore

probabilmente vinta.

Resta un qualcosa di più grande

però in ciò che t’ ha spazzata,

di più vasto. La donna che teme,

e che avanza se cade infatti non è muta

nel grido della terra che reclama,

che in te ancora può. E non cessa.

 

ISMAIL MOHAMED ABDULWAHAB

giovane studente londinese di 13 anni, in Europa tra le vittime più giovani della pandemia

Io con te penso ai miei nipoti,

piccolo budda delle nostre periferie

se il cuore è il primo organo malato.

Con te come con Vitor e gli altri

la statistica ha aggiornato le sue definizioni-

“millenial” nella carne  adesso

per questo modello che non vi ha preservato.

Si dice che eri un bravo studente-

fisico sano/mente sana- a Brixton, Londra est,

terra di immigrazioni e di scontri.

Io che non lo ero sono qui a pregarti

presso il Dio dei tuoi e nostri padri;

delle sconfitte che non abbiamo saputo insegnare

ma patire entro quell’indice mesto

ormai in sovrannumero.

 

-* Vitor Godinho, quattordici anni, Portogallo, campioncino del futsal.

 

VITTORIO GREGOTTI/LUCIA BOSÈ

Architetto, urbanista, teorico dell’architettura, scomparso a 94 anni a Milano;
attrice, scomparsa per complicanze dovute anche al Covid a 89 anni a Segovia, in Spagna.

Vittorio, maestro del razionalismo,

la storia hai insegnato non è un’astrazione

e si sposa coi luoghi che tu Lucia,

signora degli angeli e senza camelie,

da Milano a Segovia hai nella sfida,

nel nostro immaginario incarnato.

L’arte di ben restare a fronte del negare-

o del sovrapporre: questo nell’offesa

della morte il lascito. Un’ Italia

che ha del mondo perché del mondo

nel circolo di grazia pronunciato dal colore.

 

RSA

Residenze Sanitarie Assistenziali

Qui l’attentato è alla piccola patria

se saltata la rete da fuori

per chi ha dato la vita è venuta la morte.

Qualcuno giudicherà

ma è un segno quest’uccisione di geni,

la calata di padri e di madri dai piani.

Tolto almeno allo sguardo

il silenzio di ogni protezione,

caricati e spostati sui camion,

la coscienza adesso avrebbe il peso della pietra.

 

LI WENLIANG

Oculista all’ospedale centrale di Wuhan uno dei primi medici a riconoscere la pericolosità
della polmonite di Wuhan lanciando l’allarme sul virus il 30.12.2019.
Ammonito dalla polizia “per aver fatto commenti falsi su internet” muore
dopo aver contratto il Covid-19 sul  lavoro il 7.2.2020.
Il 2 aprile dello stesso anno è stato dichiarato martire ed eroe nazionale.

La legge smentisce-

e punisce- i fabbricatori

di notizie fuori dallo stato.

Per questo ti pronuncia del virus

il primo segno, l’incredulità

nel destino di Cassandra.

Ma tu giovane oculista

hai risposto

all’elementare rispondenza

del dato, al confine invisibile

che pronuncia della scienza l’allarme.

A questo educato,

a questo esposto

nella norma della cura,

nella norma dell’assenso

che è della vita ora riposi.

 

DONATO SABIA

Mezzofondista, campione europeo indoor degli 800 metri piani a Goteborg nel 1984.
Scomparso nella natia Potenza l’8 aprile a 56 anni.

Determinato e fermo,

così oggi una fotografia ti restituisce

prima di una partenza.

Di quest’ultima però

nessuna immagine

se non quella dello stupore,

per un uomo, per un atleta ancora

a cui è stato strappato il numero.

A Goteborg, nel 1984 ,

ti salutò l’oro nell’europeo indoor;

adesso, nella prece, al tempo delle assenze

l’incenso di una veloce benedizione.

 

SAMAR SINJAB

Medico di base di Mira, città metropolitana di Venezia, 62 anni siriana,
scomparsa il 9 aprile presso l’Ospedale di Treviso. 

Lo si legge dai tuoi figli

l’incontro declinato a fondo

di un desiderio che qui ha portato salvezza.

Anch’essi medici, nell’italiano

di un accento pronto, ci mostrano

il rovescio di una terra ai nostri occhi scomparsa.

Siria deserto di pane e di rose,

fertile pianura in te declinata nella scienza

hai impresso in Veneto, del mondo,

la sua eterna narrazione.

La vita è una tensione che non si misura

ma si raccoglie dove il solco

che è uno ha bisogno di storia.

 

ANTONIO NOGARA

Imprenditore toltosi la vita a San Giovanni a Teduccio (Napoli) il 6 maggio.

Eppure il killer si serve

(anche) di sicari silenziosi

a colpire piano dai varchi uomini e sistemi.

La vita cede

dove la prospettiva simula

ma poi mina la bocca

là dove la dignità pare perdere veste-

e credo se all’umana pietà

l’attenzione non si somma.

Quel che resta

non sia a svanire ma a crescere

nel percepire solido delle identità;

la caduta in alto altrimenti

avverte solo del crollo.

 

FABRIZIO GELMINI

Maresciallo maggiore della stazione dei Carabinieri di Pisogne (Brescia),
scomparso il 27 marzo 2020 a 58 anni.

 

È vero lo si legge negli occhi,

in te il bene della terra

il servizio dalla strada alla morte

proprio nella mia terra del padre.

Non è retorica l’ordine

ma pronuncia nella disposizione regolare delle cose,

esserci dove si è chiamati ad essere.

 

Così non è dazio la fedeltà-

né giuramento- se alimento

nella vita che anche da te,

dagli altri colleghi (sono sette)*

ora riprende.

 

*- Al 21 aprile 2020 otto il numero dei Carabinieri scomparsi per Coronavirus. Questo testo naturalmente vuole ricordare però anche tutti gli operatori delle Forze dell’ordine mancati per la pandemia.

 

GLI ALTRI

Come gli altri, anche voi

dalle strade, dalle case, dal lavoro

anonimi nell’anonimia della morte.

Quale veste allora dalle ombre

mi chiedo, quale ruggito a espandervi

là dove il vivo non arriva.

Non la paura che più non appartiene,

o una memoria in quell’apertura

che certo lo sguardo non protegge.

Ma della terra la sua frammentazione-

la grande scheggia- che nell’incandescenza della perdita

a nuovo Adamo vi risillaba.

 

NEONATO DI CINQUE MESI DEL CONNECTITCUT

 

Con quale piccolo verso

vai a chiudere tu

che non hai portato la fiaccola?

Forse uno:

“Non mi ricorderò di voi”.

 

 

 

LAMENTAZIONI

Ricomincia da ciò che sai,

da ciò che puoi cuore mio

ora che la sera muta i legami

e la notte non ha corpo

a cui cedere il sangue.

Ricomincia dalle tue morti,

dagli abbandoni precoci,

reimpara l’assenza, la misura

esatta e sola della carne.

Qui freme la sottrazione

la parte mutila del mondo,

accorda in una medesima nota

una vita che non ha terra,

e che non torna.

Siamo nel grande pianto.

di Gian Piero Stefanoni

 

 

Lascia un commento