Capitolo 24. Nell’antica fucina di Taro…

CAPITOLO 24°

Nell’antica fucina di Taro…

«Entra Shingen. Questa è la mia bottega dove da anni lavoro e perfeziono la mia professione di artigiano spadaio.»

La bottega di Taro era situata nei pressi del fiume di Keira che sfociava nel mare di Berunia.
Il fiume Keira era una piccolissima diramazione del fiume Obuma che attraversava l’intero continente di Linde, vicino alla città di Aleran.
La bottega era fornita di ogni tipo di utensile adatto alla forgiatura delle spade: martelli, tenaglie, scalpelli… e vi era una grande fucina dove Taro scaldava i metalli da forgiare, i quali sarebbero divenuti grandiose spade.

Shingen rimase attratto da tutte quelle novità.
Attrezzature mai viste e di cui non sapeva neanche l’esistenza ma, come lui sapeva fare, non diede a vedere il suo stupore celandolo dietro una ferma esclamazione:
«Io voglio assistere alla nascita della mia spada.»

Taro sorridendogli, orgoglioso di aver ricevuto questa richiesta, rispose:
«Certo! Altrimenti perché ti avrei portato qui?»

Il saggio fabbro, prima di iniziare a forgiare la meravigliosa spada, dedicò qualche minuto del suo tempo a raccontare a Shingen una storia mitologica della regione di Moromi, zona ideale per i forgiatori di spade perché ricca di minerali preziosi utili alla nascita della lama di una spada.

La leggenda narrava che a Haya Susanoo, figlio di Izanagi e Izanami, gli dei creatori delle isole giapponesi, venne chiesto di vivere nella regione di Izumo. Qui il Dio venne a conoscenza che ogni anno un enorme drago dalle otto teste si recava nella regione e pretendeva in sposa una giovane fanciulla.

Haya Susanoo si offrì di sconfiggere il drago.
Dopo la sua vittoria si scoprì che nella coda del drago vi era custodita un’antica spada detta “la ben affilata” (Tsumugari).
Da allora la Tsumugari venne custodita gelosamente dalla dea solare Amaterasu come un vero tesoro.

I nobili forgiatori di spade da quel giorno non fecero altro che cercare di riprodurla alla perfezione ma nessuno mai ci riuscì, o meglio ci fu solo un grandioso forgiatore che riuscì a riprodurla ma di quella spada ora se ne sono perse le tracce.

Shingen lo ascoltava silenziosamente, lo ascoltava con ammirazione ma non riusciva a capire il motivo per il quale dovesse essere a conoscenza di questi piccoli dettagli e chiese: «Quando iniziamo a forgiare la mia spada?»
Taro gli sorrise, si alzò dalla vecchia sedia dov’era seduto e si mise subito a lavoro.

Nel frattempo, vedendo Shingen incuriosito, decise di spiegargli ogni singolo passaggio della forgiatura grazie alla quale il suo materiale sarebbe divenuto un’invincibile spada, e mentre lavorava instancabilmente, iniziò a raccontare:

«Sai Shingen, il requisito più importate per una spada è la resistenza alla rottura e la flessione; inoltre le spade non servono solo per combattere ma anche per difendersi e poi sono, non solo per noi fabbri ma anche per chi ne riconosce l’immenso valore, un oggetto d’arte. La mia tecnica di forgiatura, perfezionatasi con gli anni di lavoro, permette di rendere le spade né troppo rigide né troppo morbide e allo stesso tempo infrangibili e con una straordinaria capacità tagliente.»

Shingen lo ammirava, quel lavoro lo affascinava; guardava ogni piccolo movimento di quell’anziano fabbro che con amore e dedizione stava creando quella che sarebbe divenuta la sua prima e vera spada, come se lui fosse un vero guerriero, e lo ascoltava incuriosito mentre gli parlava della storia della spada.

Una storia artistica avvolta anche in profondi misteri e mitologie di altri tempi. Infatti nel continente di Linde vi era un vero è proprio culto della spada. E fu da qui che Taro iniziò a raccontare:

«Shingen, devi sapere che la spada è vista come l’energia vitale dei guerrieri, la forza degli avventurieri, la ragione dei poeti. La spada è un’impeccabile lama tagliente ma viene vista anche come manufatto d’arte, amuleto e gode di una planetaria considerazione. Sicuramente è un’arma spaventosa ma è anche capace di atti amorevoli da parte dei guerrieri che hanno la propensione alla clemenza e alla gene-rosità.»

Taro, mentre spiegava a Shingen, forgiava la sua preziosa spada. Shingen con i suoi occhi curiosi cercava di apprendere quanto più possibile dai movimenti del “suo” maestro.
La tecnica di forgiatura elaborata da Taro era sul serio eccezionale e unica.

Lui forgiava un materiale diverso dal ferro, un materiale di cui Taro conosceva solo la provenienza ma non aveva mai scoperto di cosa si trattasse; era un materiale già di suo infrangibile e tagliente. Lavorava instancabilmente con fornace e martello, ponendo il blocco incandescente sull’incudine, colpendolo con il martello fino a quando tutti i pezzettini di quel misterioso materiale, fondendosi assieme omogeneamente, formarono un blocco unico.

Il fabbro, abile forgiatore, terminò la spada in poco più di un giorno.
Shingen aveva osservato ogni piccolo dettaglio di quell’affascinante lavoro.
La sua spada era perfetta in ogni minimo dettaglio: gli sembrava una spada unica, degna di accompagnarlo durante la sua eroica impresa.

«I passaggi principali della forgiatura delle spade sono principalmente tre» iniziò a spiegare Taro, «Per questa spada però ho sviluppato una tecnica particolare. Dato che questo materiale contiene già le proprietà principali di una vera e propria spada, ossia l’infrangibilità, la rigidità e la formidabile capacità di tagliare, l’unica cosa che dovevo fare era darle un corpo, ossia darle forma attraverso l’energia del fuoco.»

Shingen, facendosi trasportare dalle parole di Taro, impugnò la spada appena forgiata, la alzò al cielo e disse: «Sì è lei, perfetta, sensazionale. Iniziamo gli allenamenti, maestro?»
«Credi di essere pronto?»
«Prontissimo!»
«Essere pronti non significa solo capire ciò che si deve fare ma, nel suo più profondo significato, vuol dire essere capaci di affrontare qualsiasi situazione e scegliere la migliore tecnica possibile, tra tutte quelle conosciute, per portare a termine, senza nessuna imprecisione, un qualsiasi conflitto; che sia esso personale o scaturito da fattori esterni.»

Shingen rimase in silenzio ad ascoltarlo, abbassò la spada e disse: «Dunque io non sarei pronto?»

«Prima di tutto abbi più cura della spada: ha un’anima e anche lei deve abituarsi a te, è appena nata e per ora vede me come il suo maestro perché sono il suo forgiatore. Per poterla sguainare deve necessariamente esserci perfetta armonia tra corpo, mente e cuore.
Devi svuotare la tua mente da ogni pen-siero esterno che possa influire negativamente sulla tua preparazione, devi andare oltre il tuo pensiero, devi possedere una grande e forte energia interna tale da poterti permettere un sano equilibrio con l’universo che ti circonda, il tuo corpo deve diventare tutt’uno con la natura e devi avere un cuore se-reno.
Ora, quindi, posala dolcemente nel suo pregiato fodero e prendi la tua spada in legno voglio vedere da dove dobbiamo partire per raggiungere questa perfetta armonia.»

«La uso da quando avevo tre anni, siamo già in perfetta armonia!» esclamò Shingen mentre riponeva la sua nuova spada nel fodero.
«Fammi vedere se è come tu sostieni, già da ora iniziamo gli allenamenti per attraversare e combattere chi si cela sul monte Iyron.»

Shingen prese la sua spada in legno e iniziò a saltellare dando colpi a destra e sinistra, così come capitava, con grinta ma senza nessuna precisa tecnica da perfetto spadaccino o autentico guerriero.
«Ehi, ehi calmati, lo vedi, piccolo Shingen, non sei per nulla pronto per impugnare Elrinhien.»

«Elrinhien?»
«Vieni vicino a me e siediti, ti racconterò la sua storia.»
«Ma quando iniziamo gli allenamenti?»
«Ci vuole calma e pazienza, ragazzo mio. Se prima non entri in armonia con la spada non potrai mai e poi mai pensare di usarla. La spada non si sentirà tua, per quanto strano possa essere è la spada che sceglie chi dovrà impugnarla mai il contrario, Shingen, ricordalo…»

Shingen si sedette accanto a lui, in quel momento credette che avrebbe potuto ascoltarlo per ore e ore senza mai stancarsi.
Quel fabbro gli sembrava davvero saggio e anche un’ottima compagnia, del resto era il suo maestro e avrebbe dovuto trascorrere con lui forse più di un anno.

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di Annalisa Vozza

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