Il Novellino – L’adulazione

IL NOVELLINO[1]

Racconti dal Medioevo

Il “Novellino” è una raccolta di storie brevi risalente alla fine del Duecento, redatto da un autore ignoto (probabilmente di origine fiorentina).

L’opera si compone di 100 novelle, scelte dal compilatore da una raccolta più ampia; la maggior parte di esse è tratta da fonti più antiche. I protagonisti delle novelle sono tratti dalla Bibbia, dalla mitologia classica e dalla storia antica e recente.

L’adulazione (Novellino, XXIV)

Il potentissimo imperatore Federico II di Svevia, sovrano di tutto il mondo cristiano e grande cultore delle arti e del diritto, aveva due consiglieri famosi per la loro proverbiale saggezza: il primo si chiamava messer Bolghero, mentre l’altro aveva per nome messer Martino.

Un giorno Federico stava passeggiando tra i portici del suo castello in compagnia di questi due saggi; poiché l’imperatore aveva sentito il desiderio di disquisire di diritto proprio in quel momento, pose ai propri fidati consiglieri il seguente quesito:
“Signori, secondo la legge potrei io togliere ai miei sudditi ciò che voglio senza spiegarne il motivo se non che io sono il loro signore? In fondo, non si insegna che ciò che piace al sovrano debba essere legge per i propri sudditi? Fatemi sapere ciò che ne pensate, perché la questione mi interessa moltissimo”.

Il primo dei due giuristi così rispose: “Maestà, l’imperatore può fare dei beni dei propri sudditi ciò che più gli aggrada, senza che gli si possa muovere alcun rimprovero”.

L’altro, invece, argomentò: “A me non sembra che le cose stiano così, perché la legge si basa sulla giustizia e ai suoi principi occorre conformarsi. Se fosse vostra intenzione togliere qualcosa ai vostri sudditi, essi vorranno sapere il perché”.

L’imperatore Federico sembrò apprezzare entrambi i pareri e perciò fece un dono ad ambedue i consiglieri: al primo donò un cappello scarlatto ed un palafreno bianco, all’altro invece venne richiesto di redigere una legge secondo la propria coscienza.

Tra i nobili facenti parte del seguito dell’imperatore si discuteva in maniera appassionata per stabilire a chi fosse stato fatto il dono più prezioso, ma nessuno sembrava trovare l’argomento decisivo.

Alla fine, fu lo stesso Federico a spiegare il suo comportamento: semplicemente, a colui che lo aveva adulato egli aveva fatto dono di un cappello e di un cavallo, come si è soliti fare con i giullari; a colui il quale aveva dimostrato di perseguire l’ideale della giustizia, il sovrano aveva invece chiesto di scrivere una legge.

[1]    Anonimo,  Il Novellino, Milano, Fabbri, 2001.

di Daniele Bello

Marzo 7, 2017

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