La guerra di Troia: il conflitto – 5di9

Mappa dell’antica Grecia

3.

Il secondo raduno

 

Alcuni anni dopo lo sbarco in Misia, l’esercito greco venne radunato nuovamente avanti al porto di Aulide.

Un’improvvisa bonaccia, tuttavia, impediva alle navi di partire, ragion per cui fu consultato ancora una volta l’indovino Calcante; egli vaticinò che la dea Artemide (Diana) era adirata con gli Elleni e non avrebbe consentito alla flotta di partire se Agamennone non avesse sacrificato sua figlia Ifigenia[1].

Agamennone, sdegnato, rifiutò la proposta ma gli altri principi minacciarono di fare comandante Palamede se il re di Micene non avesse avuto il coraggio di uccidere la figlia.

Il figlio di Atreo fu costretto, suo malgrado, ad accettare le pressioni degli altri capi e richiamò la figlia e la moglie Clitennestra in Aulide, adducendo come pretesto le nozze di Ifigenia con Achille.

Odisseo e Diomede vennero mandati quindi a Micene per condurre la giovane figlia di Agamennone con il suo seguito.

Clitennestra, però, venne ben presto a sapere dell’inganno (ella si era infatti recata da Achille salutandolo come suo genero, ma questi – ignaro delle macchinazioni degli Atridi – aveva negato candidamente di aver fatto una qualsiasi proposta di matrimonio).

La regina di Micene andò su tutte le furie; messo sotto pressione, Agamennone era già sul punto di rinunciare al comando della spedizione pur di salvare la figlia, mentre Odisseo sobillava l’esercito chiedendone il sacrificio.

Alla fine fu la stessa Ifigenia, in uno slancio di amore patriottico, a consentire di immolarsi per il bene di tutta la Grecia. Artemide, tuttavia, ebbe pietà della fanciulla ragion per cui la dea sostituì la figlia di Agamennone con una cerva sull’ara del sacrificio.

Ifigenia venne quindi condotta nella regione della Tauride (l’odierna Crimea) dalla stessa dea Artemide, che la designò come sua sacerdotessa[2].

La moglie di Agamennone, tuttavia, non volle assistere al sacrificio e tornò a Micene convinta che la figlia fosse stata effettivamente uccisa; per questo motivo Clitennestra concepì un odio feroce nei confronti del marito che ebbe poi fatali conseguenze alla fine della guerra.

Il sacrificio di Ifigenia

[1]    Le vicende narrate qui di seguito ispireranno ad Euripide la tragedia “Ifigenia in Aulide”.
[2]    Così ci narra Euripide nella sua tragedia “Ifigenia in Tauride”.

4.

Filottete

 

La flotta degli Elleni poté quindi partire verso Troia; durante il viaggio, la flotta fece una sosta presso un’isola dell’Egeo sacra alla ninfa Crisa.

Filottete sbarcò nell’isola, intenzionato a rifornirsi di cibo ed acqua, portando con sé arco e frecce per andare a caccia di selvaggina; giunto nei pressi di un’ara consacrata alle divinità del luogo, il possessore delle armi di Eracle venne morso da un serpente.

Il dolore provocato dalla ferita fu così atroce che Filottete cadde svenuto e venne ritrovato dai suoi compagni privo di sensi; ricondotto alla sua nave, egli venne curato dal medico Macaone, che tentò in tutti i modi di salvarlo dal terribile veleno del rettile: la ferita, tuttavia, si infettò e cominciò ad emanare un odore nauseabondo.

Tutti gli Elleni erano in forte imbarazzo, non sapendo se l’abile arciere sarebbe stato in grado di sostenere la guerra in quelle condizioni; il terribile fetore dell’infezione, inoltre, non faceva che abbattere il morale dei soldati.

Su consiglio di Odisseo, Agamennone decise di abbandonare l’arciere nella vicina isola di Lemno; Medonte, fratellastro di Aiace Oileo, prese il controllo degli uomini di Filottete.

Quando il possessore delle armi di Eracle venne condotto nell’isola, egli era ancora privo di sensi a causa del terribile dolore che gli provocava il morso del serpente; Filottete aprì finalmente gli occhi per scoprirsi solo e abbandonato in un’isola deserta.

La ferita di Filottete

A nulla valsero le urla e gli improperi nei confronti di tutti i suoi compagni e dei comandanti greci: per l’abile e sfortunato arciere cominciava un lungo esilio, destinato a finire solo qualora una nave fosse approdata, per caso, in quell’isola.

Filottete andò alla ricerca di erbe per lenire il dolore della sua ferita e si preparò ad affrontare una vita grama da naufrago, meditando ogni giorno la vendetta nei confronti di chi lo aveva abbandonato in modo così vile.

 

5.

Lo sbarco dei Greci

 

La flotta degli Elleni giunse infine a Tenedo, un’isola posta di fronte al lido di Troia, mettendone a ferro e a fuoco l’unico centro abitato nonostante la strenua difesa del suo reggitore, Tenete.

Venne poi organizzata una delegazione (formata da Menelao, Odisseo e Palamede), con lo scopo di richiedere formalmente la restituzione di Elena al re Priamo; questi, tuttavia, rifiutò seccamente le istanze dei Greci e li cacciò in malo modo;

tra tutti i Troiani, l’unico a trattare con rispetto gli ambasciatori degli Elleni fu il nobile Antenore, facente parte di un ramo collaterale della famiglia reale. Era quindi evidente che nessuna alternativa allo scontro in armi era ormai possibile.

Il solito Calcante, tuttavia, profetizzò che il primo tra i Greci a sfiorare il suolo troiano sarebbe stato anche il primo a cadere in battaglia per mano del nemico; quando la flotta giunse, infine, nei pressi dei lidi della Troade, vi fu un certo imbarazzo tra tutti i guerrieri, poiché nessuno aveva l’ardire di scendere a terra. Alla fine fu Protesilao, re di Filache, a sbarcare per primo, incurante degli oscuri presagi degli dei.

Non appena gli Elleni misero piede in suolo troiano, trovarono l’esercito dei Teucri pronto a fronteggiarli; ne nacque subito uno scontro, in cui a distinguersi parti-colarmente furono Achille, che cominciò a mietere le prime vittime nell’esercito nemico (tra cui tale Cicno di Colono, figlio del dio del mare Poseidon), e lo stesso Protesilao.

Achille e Aiace Telamonio giocano a dadi

Il vaticinio di Calcante era tuttavia destinato ad essere veritiero: il re di Filache fu, infatti, il primo a trovare la morte tra gli Elleni, colpito dalla lancia di Ettore, il maggiore e il più valoroso tra i figli di Priamo (le truppe di Protesilao passeranno quindi sotto il comando del fratello del re defunto, Podarce).

I Greci riuscirono comunque a far ripiegare i Troiani e a conquistare una fascia di territorio costiero, nella quale posero il proprio accampamento: tra la rocca di Ilio e il campo degli Elleni si estendeva una vasta pianura, nella quale si svolsero molte delle battaglie campali nel corso della guerra.

Gli Elleni si trovarono di fronte una città ben protetta dalle sue mura e che poteva contare sull’appoggio di numerosi alleati sia in Europa (in particolare in Tracia, l’attuale Bulgaria) che in Asia Minore, con i quali i Teucri riuscivano a mantenere comunque i contatti: armi, rifornimenti e truppe giungevano infatti a difesa di Troia dalla Frigia, dalla Misia, dalla Licia, dalla Paflagonia, dalla Caria e dalla Peonia.

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di Daniele Bello

Dicembre 26, 2017

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