L’Arte, conoscenza di origini. Le memorie sono i Popoli

27 gennaio: il giorno della memoria; oggi voglio parlare di questo anche se non è arte ma come tale identifica i popoli.

Feci un articolo sulle Pietre D’Inciampo collocate in molti luoghi ispirandomi alla testimonianza-racconto di  Franco Gallina per i suoi figli, Gigi, Carla e Silvio Gallina .

Domenica 27 gennaio 2019 il Sig. Gigi Gallina si è recato a porgere un saluto al padre e a rendere omaggio all’onorificenza della pietra D’Inciampo, ma giunto sul posto ha trovato il S.Pietrino sfregiato; episodio che mi rattrista molto e mi causa un profondo rammarico.

Come memoria storica vi riporto il racconto di un sopravvissuto: mio padre. Sebbene non ne avesse mai parlato, ascoltandomi mentre trascrivevo l’articolo per il Sig. Gigi Gallina, mio padre si sentì di raccontarmi per la prima questa parte della sua storia, e per questo lo ringrazio.

Due strade e storie diverse: il Sig. Franco Gallina fu arrestato e internato  nei campi di concentramento, Angelo Romano fu preso come prigioniero di guerra e usato nelle fabbriche tedesche.

Angelo Romano classe 1924 venne chiamato alle armi il 27 agosto del 1943. Arrivato a Bressanone non ebbe tempo di prestare giuramento che l’8 di settembre venne preso prigioniero, insieme ai suoi commilitoni, dai Tedeschi e portato in Germania, dapprima in un campo di concentramento del quale non ricorda il nome,  e successivamente trasferito in uno stabilimento.

I tedeschi fecero prima una proposta: “Se combatterete per noi sarete rimpatriati immediatamente”. Quelli che accettarono furono rimpatriati, ma a fianco dei tedeschi; quelli che rifiutarono furono portati a Konigsberg , in Prussia orientale.

Lo stabilimento, probabilmente chiamato Osterberg, produceva cucine da campo. Molti “operai” però comunciarono presto ad accusare problemi di salute, probabilmente a causa dell’inalazione delle vernici utilizzate. Coloro che possedevano capacità specifiche o competenze avanzate vennero spostati al reparto dove producevano cannoni, sempre all’interno della stessa fabbrica.

Mio padre, abile in meccanica e nell’uso della fresa, fu uno di questi ultimi; dodici ore di lavoro quotidiano su turni notte e giorno, e per nutrimento la solita brodaglia di bucce di patate o rape. Dormivano sul posto e durante il giorno di riposo, la domenica, erano costretti al digiuno totale.

Konigsberg fu soggetta a un bombardamento da parte degli Americani che provocò, secondo stime non precise, 45.000 vittime.

Quando i Russi iniziarono ad avvicinarsi al campo, i Tedeschi cominciarono a far fare i camminamenti (così li chiamavano); nottetempo, con qualsiasi condizione atmosferica, portavano fuori gli “operai”, molti non sono più tornati. Mio padre prima di queste sortite diceva a chi restava: “Se non torno prendete il portafoglio con i documenti  da portare alla mia famiglia”, e la stessa cosa valeva per tutti.

Berlino fu presa, ma Konigsberg resistette ancora. Poi mio padre e tutti gli altri vennero presi prigionieri dai russi, che li fecero marciare nella neve (e dormire senza alcun riparo) per più di 120 km. Arrivati a Gumbinnen, distretto dell’ultimo Reik ormai abbandonato nella ritirata, vi rimasero per parecchi mesi , sette – otto all’incirca.

Konigsberg il 9 aprile 1945  si arrese e vi furono 300.000 vittime; la violenza fu inaudita, non descriverò i dettagli, si  possono trovare nei testi di storia.

Dopo l’annuncio della fine della guerra e l’Armistizio, chi riusci scappò cosa chefece anche mio padre. Ci vollero otto mesi prima di ritornare in Italia attraverso binari russi e cambiando tradotte; arrivarono in Polonia, poi arrivarono a Essen, dove vi fu uno scontro frontale fra due treni e si dovettero fermarsi un poco di tempo. Poi proseguirono arrivando in Austria e finalmente in Italia.

Cito il suo dire: “Mi portai come ricordo il mal di stomaco, che ancora subisco. Mi diedero la Croce di Guerra, ma quando arrivai buttai via tutto, anche la piastrina ed il suo numero per DIMENTICARE“.

Il percorso di mio padre: Bressanone, Germania campo di concentramento e di smistamento di cui non ricorda il nome, Konigsberg, poi Gumbinnen,  Essen, Austria ed infine la sua bella Italia.

Quando arrivò a casa venne convocato dalla Croce Rossa Italiana che gli chiesero di collaborare fornendo i nomi dei compagni deceduti, cosa che fece per rispetto e dovere.

Gli fu proposto di andare nelle scuole a raccontare ma rifiutò, doveva vivere e perciò dimenticare.

Ho sintetizzato molto. Raccontare questo per me è difficile, ma i ricordi danno valori che devono essere tramandati alle generazioni presenti e future proprio per non dimenticare, sperando serva per un mondo migliore.

GRAZIE PAPA’, MI HAI DATO MEMORIE DA RICORDARE: UN VALORE IMMENSO.

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Autrice: Rosanna Romano / Roro

Impaginazione: Ornella Ogliari

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